NAPOLI – E’ la legge della domanda e dell’offerta, quella che domina il mercato, anche quello illegale. Quando la clientela bussa forte alla porta bisogna non farsi trovare impreparati e rispondere presente. E’ un po’ quello che succede in ogni piazza di spaccio di Napoli e provincia. Nei fine settimana il viavai si fa importante. Professionisti, studenti, operai, impiegati, tutti vanno a caccia dello sballo, della ‘roba’, delle sostanze che significano morte. A Ponticelli di piazze di spaccio storiche ce ne sono almeno una decina. Sono perlopiù statiche, all’antica insomma, sullo stile ideato dal clan Di Lauro di Secondigliano una ventina di anni fa. Ogni piazza di spaccio a Ponticelli ha un suo gestore, un referente, un uomo (o una donna) che faccia da anello di congiunzione con l’organizzazione criminale di riferimento: i De Micco, espressione dei Mazzarella, e i De Luca Bossa, longa manus nella periferia orientale della potente, temibile e temuta Alleanza di Secondigliano, il cartello composto dalle famiglie criminali dei Licciardi della Masseria Cardone, Contini del centro e Mallardo di Giugliano.
Recenti inchieste della Direzione distrettuale antimafia hanno portato alla luce un meccanismo, quello della fornitura di sostanze stupefacenti, che taglia a fette i territori di Napoli e provincia.
Un asse solido è rappresentato dalla mala di Ponticelli e della criminalità organizzata di Caivano. A raccontarlo al pool anticamorra napoletano è stato, tra gli altri, il collaboratore di giustizia Tommaso Schisa, gola profonda del clan delle cosiddette pazzignane, dal nome del rione dov’è stanziata la sua famiglia. Parlando di Enrico Borrelli, un affiliato – come si legge nell’ultima ordinanza eseguita contro la camorra di Ponticelli – al clan Casella-Schisa-De Luca Bossa-Minichini,
Schisa si esprime in questi termini: “Ha compiti di tuttofare, occupandosi di droga, estorsioni, trasporto di armi. So per certo che Borrelli si è occupato anche di acquisti di droga da Nicola Sautto del Parco Verde di Caivano, che io non conosco personalmente, ma che so essere un grosso narcotrafficante insieme a tale Ciccarelli. A Secondigliano infatti, ero detenuto con Vincenzo Bellezza, figlio della Terrorista (al secolo Rosa Amato, ndr). Tutti loro commerciano in stupefacenti in grosse quantità e di ogni qualità”. Non solo. Schisa aggiunge altri dettagli: “Bellezza, con il quale ho stretto amicizia in carcere, mi ha raccontato che solo la piazza di eroina consentiva il mantenimento di tutti i detenuti del Parco Verde di Caivano. Voglio dire che tale è l’amicizia che ho stretto con Bellezza, che nel luglio 2019 lo stesso dal carcere ha mandato una imbasciata perché mia moglie Elisabetta Esposito fosse assunta quale dipendente presso una fabbrica di pomodori di Caivano, la Cirio. Il Bellezza in proposito mi ha detto che la fabbrica in questione è come se fosse la loro”, una chiosa che testimonia quanto sia abile la camorra a penetrare nel tessuto economico.
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