Napoli, attacco al clan Vigilia: incendiata l’auto della cognata del boss

NAPOLI – Paura nella notte nel Rione Traiano dove un’automobile è stata avvolta dalle fiamme. Sul posto sono intervenuti i carabinieri a raccolta delle segnalazioni degli abitanti, che alle forze dell’ordine avevano chiesto di portarsi il prima possibile al civico 123 di viale Traiano per l’incendio di una vettura. Di lì a breve gli investigatori dell’Arma scopriranno che ad andare in fiamme non era un’automobile qualunque. Eseguiti i controlli del caso, i carabinieri del nucleo radiomobile hanno infatti appurato che la Fiat 500 incendiata è in uso a una 53enne del posto già nota alle forze dell’ordine. “Moglie di… ”, si lasciano scappare prima che la verità emerga andando a delineare un quadro inquietante e uno sfondo, lo scontro tra clan di camorra, che al Rione Traiano è tornato a caratterizzare le giornate e le nottate degli abitanti.

A supporto dei carabinieri sono poi intervenuti i vigili del fuoco che hanno domato le fiamme non senza difficoltà. Non si esclude l’ipotesi dolosa, fanno sapere i carabinieri, che lavorano per accertare la matrice dell’episodio.
Un episodio che va a incastonarsi nella ripresa delle ostilità tra organizzazioni criminali. E già perché la Fiat 500 bruciata dalle fiamme, nella notte tra sabato e ieri, è di Elena Bordino, moglie di Antonio Vigilia, alias ’o stuorto, fratello del capoclan Alfredo Vigilia detto ’o niro. Tutti elementi che inducono gli investigatori a pensare che l’incendio sia doloso e che si tratti di un attacco diretto al cuore dei Vigilia. La firma? Tutti gli elementi conducono ai rivali principali, gli ex alleati dei Grimaldi, oggi acerrimi avversari dopo la scissione. Elena Bordino, il marito Antonio e il cognato Alfredo Vigilia furono coinvolti nell’inchiesta contro i clan di Soccavo che sfociò nel maxi blitz del 12 dicembre di quattro anni fa. La ‘notte delle manette’, come fu ribattezzata, vide 33 persone finire in arresto. Cinquantatré, in tutto, gli indagati, tra i quali i figli di Bordino e ’o stuort, e il figlio del boss Alfredo. Il provvedimento fu emesso dopo le indagini dell’Arma, coordinate dalla Dda, che erano iniziate a seguito dell’omicidio di camorra di Rosario Grimaldi perpetrato nel quartiere Soccavo nel luglio 2013. Un delitto che ha permesso di documentare l’ascesa del clan camorristico Vigilia nel quartiere avvenuto dopo la sua scissione dal gruppo dei Grimaldi.

Fu accertata l’operatività del clan e individuato il reggente in Alfredo Vigilia Junior, figlio di ’o niro, detenuto dal 2009, nipote di Bordino e Antonio Vigilia. Le indagini ricostruirono le dinamiche criminali che regolarono le condotte del gruppo e le modalità di gestione di una cassa comune nella quale venivano fatti confluire i proventi delle attività criminali. Era stato messo in piedi un sistema di approvvigionamento e smistamento di droga che, a partire da una fitta rete di piazze di spaccio a Soccavo permetteva, con l’ausilio di spacciatori-fattorini, di distribuire anche a domicilio notevoli quantità di cocaina e di confezioni di marijuana, hashish, skunk e amnesia (il mix ottenuto dalla miscela di marijuana, metadone, eroina e altre sostanze chimiche che produce effetti psicotropi potenziati). Furono accertati anche la commissione di una rapina e un tentativo di estorsione con richiesta di 2.400 euro nei confronti di uno spacciatore di Soccavo non facente parte del clan ed il recupero crediti con metodo mafioso in favore dei vertici del sodalizio camorristico. Da quell’inchiesta emersero i rapporti di alleanza dei Vigilia con l’organizzazione criminale dei Sorianiello, che ha una base logistica e operativa nel sobborgo denominato “99”, in via Catone, al confine tra Soccavo e Rione Traiano. Il ruolo dei coniugi Vigilia-Bordino era, in sostanze, quello di imporre e raccogliere estorsioni per il clan.

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