NAPOLI – Il fronte di quella che è stata definita la ‘faida delle mesate’, che ha infiammato Ponticelli e che ha portato a diversi feriti nel corso di agguati, a un morto e all’esplosione di un ordigno in piena notte, potrebbe allargarsi. Non parliamo di altri clan, ma di altri territori. Uno in particolare, Poggioreale, una zona chiave per l’analisi criminale di quello che sta accadendo a Ponticelli. E’ lì, nel rione Luzzatti, che è stanziale una parte della famiglia Casella, uno dei gruppi che fanno parte del cartello che comprende anche i De Luca Bossa e i Minichini, a sua volta federato con l’Alleanza di Secondigliano.
E’ un dettaglio rilevante, perché lì, al rione Luzzatti, coesistono in un equilibrio sempre precario, i due gruppi contrapposti che compongono i maxicartelli in lotta per il controllo delle attività tra Napoli e provincia, ovvero la cupola composta da Licciardi, Contini-Bosti e Mallardo e, dall’altra parte, i Mazzarella. Divisi da una strada, a distanza di poche decine di metri, i boss possono persino guardarsi. Salvo poi studiare eventuali sconfinamenti.
E’ proprio questa condizione che viene presa in considerazione dall’ultima relazione semestrale Antimafia che, puntando la lente sul rione Luzzatti-Ascarelli e, più in generale, sul quartiere Poggioreale rileva che continua ad esistere “la storica contesa tra i clan Contini e Mazzarella per il controllo e la gestione delle attività illecite, peraltro estesa anche ad altre aree cittadine mediante sodalizi di riferimento”. Poi suona una campanello d’allarme. “Pur non registrandosi, al momento, frizioni tra le due compagini non si esclude che questa sorta di ‘convivenza forzata’ possa causare, in un arco temporale a breve-medio termine, una ripresa delle ataviche conflittualità”. Quasi una precognizione.
Nella guerra di Ponticelli, i Casella hanno preso una posizione netta, nel conflitto con i De Martino ‘XX’. Questo, se da un lato potrebbe favorirli nell’ex regno dei Sarno, dall’altro potrebbe esporli a eventuali ritorsioni da parte del maxicartello rivale, proprio nella zona del rione Luzzatti. Pare che proprio per questi timori, alcuni familiari dei Casella, dislocati a Poggioreale, abbiano deciso di starsene rintanati in casa. Di recente alcuni esponenti di un medesimo nucleo familiare collegato ai Mazzarella sono stati raggiunti da ordinanza perché ritenuti responsabili di azioni armate proprio nel rione. Sotto la lente degli inquirenti eventuali collegamenti tra le due vicende. Secondo un profilo tracciato dall’Antimafia, i Casella “avrebbero il controllo delle proprie piazze di spaccio nella zona di via Franciosa”.
In passato entrarono in conflitto con i De Micco proprio per non aver pagato “la quota relativa ai profitti derivanti dall’attività di spaccio”. Ai mancati introiti i Bodo risposero con la forza. Ci furono scontri, poi “lo stesso Luigi De Micco, capo dell’organizzazione, appena uscito dal carcere, si recò personalmente dai Casella ristabilendo la pace”. La circostanza è stata riferita dal pentito Rocco Capasso. Ma chi sono i Casella? Un profilo viene tracciato nel 2018 dall’Antimafia: “Eduardo, Giuseppe e Vincenzo sono i figli di Salvatore, detto ‘pachialone’ membro di rilievo del clan Sarno che ne assunse la reggenza nei periodi di detenzione dei capi.
I figli di Casella all’epoca dei Sarno gestivano la piazza di spaccio in via Prota Giurleo ed erano inseriti nell’organizzazione. Seppur all’interno del clan Sarno, costituivano, però, un gruppo dotato di una propria autonomia grazie al ruolo di vertice ricoperto da Casella Salvatore, tanto che per la gestione della piazza di spaccio non dovevano corrispondere la quota all’organizzazione madre e ricevevano, quali affiliati, lo stipendio da quest’ultima. Oltre ad introitare i guadagni della piazza di spaccio, i figli di Casella si occupavano anche delle estorsioni e di fornire, all’occorrenza, supporto ai cugini, che operavano, sempre sotto le direttive del clan Sarno, nel rione Luzzatti”.