Napoli, commercianti e scuola contro gli spacciatori al rione Traiano

Nei riquadri Gianni Alfieri e Teresa De Giulio

NAPOLI – Battaglia per la legalità in via Marco Aurelio. Qualcosa comincia a muoversi. Gli abitanti sono stufi: non vogliono una piazza di droga davanti casa e sono pronti alle barricate. Non era (quasi) mai successo. Un segnale. Sono stati minacciati, ma non si danno per vinti. Guerra di nervi e non saranno i primi a cedere. La loro è una promessa. Lo fanno per centinaia di famiglie e bambini, che risiedono in questa popolosa strada al rione Traiano. Forse dimenticata dalle istituzioni. Intanto tutti d’accordo su un punto: non bisogna darla vinta ai criminali. Qui non venderanno stupefacenti in strada. Mai.

E si sa, l’unione fa la forza. Vedremo come andrà a finire. Il portavoce dei commercianti Gianni Adelfi è perentorio: “La ribellione è un primo importante passo e adesso può estendersi. Qui accade di tutto e serve una scossa dal basso. Una presa di coscienza delle persone perbene è quello che ci vuole. Ma servirebbe un loro presidio costante, per vincere la battaglia. Allontanare, per esempio, chi occupa abusivamente le palazzine popolari. Tanti anni fa vicino alla chiesa c’era un posto di polizia. Parlo degli anni settanta. Ora non c’è più. Perché? Interpreto la rivolta di via Marco Aurelio positivamente. Se c’è il coraggio di cambiare, vuole dire tanto e si può andare lontano. Ma quei cittadini non devono essere abbandonati dalle istituzioni”. Non c’è solo questo aspetto. “Un altro vero problema? Gli esempi negativi. Se un ragazzo sa che può guadagnare 1.500 euro al mese lavorando onestamente, ma sa pure che li incassa in pochi giorni vendendo droga, qualcosa non ha funzionato. E serve risolvere la questione dei ghetti urbani, come a Ponticelli, Scampia, allo stesso rione Traiano e a Monterusciello”.

Poi scende nei dettagli: “Non è solo questo territorio a soffrire. Sto osservando in giro cose da far accapponare la pelle. Segnali degradanti. Io la definisco la sicurezza di non essere perseguiti. Soprattutto riguarda la microcriminalità. Persone che non rispondono a nessuno. Poi vediamo in tv gesta esasperate di ragazzi, che non generano la giusta indignazione, o punizioni esemplari”. Gianni Adelfi ha le idee chiare ed è un fiume in piena: “Molti ragazzi arrestati addirittura salgono di grado. Escono da galera dopo due giorni con la medaglia al petto. ‘Io ora sono uomo d’onore, o di rispetto’, come lo definiscono loro. Ma è un rispetto al contrario, fasullo. Mi fa rabbia, quando ne parlo.

Perché mi sembra che tutto sia in un certo senso voluto, o tollerato”. Cosa vuole dire? “C’è la mitizzazione in televisione di alcuni comportamenti deviati e di figure criminali. Molto sbagliato. E poi c’è lo Stato: la pubblica amministrazione deve intervenire in alcuni complessi urbani, come la 219, a Ponticelli, a Melito, nel rione Traiano stesso. A volte somigliano a ghetti. Blocchi di cemento armato, come le palazzine vicino al raccordo per raggiungere l’ospedale del Mare, l’ex 219. Ma la stessa situazione la vediamo a Monterusciello e a Scampia. Bene, abbattiamo le Vele, ma poi?”. Insomma bisogna fare altro. Non basta? “Vero, serve dare dei segnali di legalità. Faccio un esempio. Sto organizzando il Carnevale Epomeo. E ho chiesto al generale dei carabinieri la loro fanfara. Sarebbe un input forte, per dire che anche in queste zone c’è l’attenzione delle istituzioni e delle forze dell’ordine, che mandano la loro banda musicale. La gente riconosce nella divisa la legalità. E legalità significa rispetto delle regole”.

“Le scuole devono restare aperte dalle 8 del mattino alle 8 di sera”. Teresa De Giulio lo dice a chiare lettere. Consigliere alla IX Municipalità e insegnante alla scuola primaria. Insomma conosce il territorio e ha tutte le carte in regola, per capire come uscirne. “Diciamo che la Municipalità non ha competenze in materia di sicurezza – esordisce al telefono – ma come insegnante le dico che dobbiamo mettere tutto in campo, la scuola deve fare il massimo sotto il profilo educativo, anche per l’aspetto della tolleranza. Ma ci troviamo in un contesto post Covid di fronte a un assetto criminale allarmante e purtroppo anche di moda. Va detto pure questo. I ragazzi non riescono più a vedere un freno non solo nelle istituzioni, ma anche nell’adulto. Però la scuola resta il primo presidio di legalità, soprattutto in Municipalità come la nona e l’ottava.

Abbiamo fatto spesso interpellanze per accendere un faro sul fenomeno. Ci troviamo al cospetto di una microcriminalità dirompente. Ma non è solo colpa di questi ragazzi. Anche lo Stato deve fare di più. E la Municipalità è l’ente di prossimità più vicino al cittadino. Io dovrei prospettare soluzioni al prefetto, invece oggi avviene il contrario. Dobbiamo cominciare dalle scuole: devono aprire alle 8 e chiudere alle 20”. Perché? Può spiegare meglio? “La classe è vincente? Nella stessa aula troviamo il figlio dell’ingegnere e il figlio del malavitoso. Fanno sport con le Asd, apriamo le palestre con le associazioni sportive, con quelle culturali avviamo altre iniziative e così via. I ragazzi si confrontano e si ‘educano’ a vicenda. Con una grande organizzazione tra Stato-scuola e Comune. Coinvolgendo tutti gli enti virtuosi del territorio. Poi mi dirà lei, se questi ragazzi si salvano, oppure no”.

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