NAPOLI – La tensione nella zona di Pianura è palpabile. In questi mesi le armi hanno sparato e il sangue è stato versato. L’ultimo morto ammazzato risale alla seconda metà di agosto e, negli ultimi giorni, sono state registrate ronde armate e quelle che tecnicamente vengono definite ‘scese’, ovvero sfilare di gruppi di fuoco in armi, ma senza l’esplosione di proiettili, a differenza di quanto accade nel caso delle ‘stese’. “Pianura è il territorio più a rischio per quanto riguarda uno scontro armato tra organizzazioni criminali” riferisce un investigatore. Di fronti caldi ce ne sono altri, come Ponticelli in cui la guerra è stata combattuta persino con le bombe; o Miano, in cui c’è un avvicendamento criminale tra i nuovi e i vecchi clan decimati da arresti e pentimenti, dovuto fondamentalmente a un vuoto di potere.
Pianura è un’altra storia. E’ al centro di un conflitto che si protrae da anni. L’ultimo morto è un 25enne, Antonio Zarra, ucciso in un agguato in via Jacopo Carrucci due settimane fa. Il giovane fu portato da alcuni parenti in ospedale, dove morì poco dopo l’arrivo. Secondo la ricostruzione, erano le 2:30 quando fu intercettato da un commando di fuoco mentre si trovava nella sua auto, una Smart FourTwo, a pochi passi dalla sua abitazione. I killer avrebbero agito in sella a uno scooter. Fu raggiunto da sette proiettili e sull’asfalto i carabinieri hanno recuperarono 10 bossoli calibro 9×21 e alcune tracce di sangue. Zarra non risultava inserito in un clan, ma aveva delle amicizie pericolose tra le fila dei Carillo e gli investigatori hanno letto l’agguato proprio come un messaggio al giovane ras dagli occhi blu. Di recente, qualcosa è cambiato negli assetti malavitosi dei gruppi in lotta.
In seno al gruppo Calone, da tempo federato con gli Esposito, gli investigatori hanno notato la presenza di due anime. Da una parte i moderati, ovvero le colombe, che sono rappresentati proprio da Antonio Calone, dall’altra i falchi che invece avrebbero deciso di stravolgere gli equilibri di convivenza criminale con gli eredi dei Pesce-Marfella, ovvero i Carillo. Armi fuori dai nascondigli e tensione che si taglia con il coltello. Che Pianura sia un quartiere polveriera è palpabile. In questi mesi le armi hanno sparato e il sangue è stato versato. Che non ci sia scappato il morto è un caso. Le forze dell’ordine che tengono il polso degli assetti criminali scrutano ogni movimento, ogni variazione e sono accorte che alcune ‘facce note’, da un po’ non si fanno vedere nel quartiere.
Accadde già qualche tempo fa, quando il braccio destro del ras Antonio Carillo, figlio del ras Lorenzo e nipote dell’ex boss Pasquale Pesce, sparì dalla circolazione a seguito dell’agguato subito proprio da Carillo. Dopo di lui fu colpito anche Lorenzo Rossetti. L’intero gruppo andò in fibrillazione. Molti si allontanarono dalla zona. Tutti segnali di una tensione tra clan che resta ancora altissima. Ma chi sono i contendenti? Da una parte c’è il gruppo Carillo di via Evangelista Torricelli, che ha preso l’eredità lasciata dai residui delle organizzazioni Pesce e Marfella; dall’altro lato il clan di via Comunale Cannavino, che fa capo ad Antonio Calone, al vertice degli eredi del gruppo Mele, ma che sarebbe stato già soppiantato dagli Esposito. Al centro delle tensioni c’è il controllo sul quartiere flegreo. Quella tra i Pesce-Marfella e i Pesce potremmo ribattezzarla come la ‘guerra dei trent’anni’.
Sì, perché va avanti, a fasi alterne, dagli anni Novanta. Da allora, malgrado gli arresti, le retate e gli avvicendamenti al vertice, le ostilità non sono mai cessate. Ma non fu una semplice faida quella che scoppiò tra i Pesce-Marfella e i Mele per il controllo di Pianura. A dividere i due gruppi, infatti, non ci fu soltanto l’ambizione di controllare le attività illecite ma qualcosa di più profondo, un rancore insanabile che risale alla fine degli anni ’90 quando i due sodalizi erano ancora una ‘cosa sola’. Tutto iniziò per una rissa al bar. Da allora ci sono stati trent’anni di sangue, piombo e morti ammazzati.