NAPOLI – Sulla morte di Daniele D’Agnese (nel riquadro) indaga la sezione Omicidi della squadra mobile. Dopo il sopralluogo della Scientifica e i rilievi del commissariato Decumani, il fascicolo è stato trasmesso ai poliziotti di via Medina. La questura non vuole perdere tempo: il 39enne è stato trovato impiccato in una camera d’albergo al corso Umberto I. Serve ricostruire i fatti il più in fretta possibile. Lo chiede la Procura. Andiamo con ordine. Gli agenti hanno requisito i tabulati telefonici e nelle ultime ore stanno esaminando il contenuto del cellulare: scandagliano ogni numero. Cercano una traccia: il 39enne sabato con chi ha parlato? Doveva incontrare qualcuno? E perché al corso Umberto? La mattina è stato trovato morto in una camera chiusa. Come se avesse trascorso la notte qui. Gli investigatori sono tornati sul posto, per raccogliere informazioni. Non più gli agenti dei Decumani. Stavolta la squadra mobile. Non solo. Hanno esaminato i filmati delle telecamere al corso Umberto, la sera e la notte di venerdì. C’è il massimo riserbo sulle indagini. Ma qualcosa potrebbe emergere. Gli inquirenti non vogliono lasciare piste inesplorate e hanno aperto un’inchiesta: disposta l’autopsia. Sarà fatta giovedì. Servirà ad accertare le cause del decesso. La cosiddetta verità clinica. Le indagini racconteranno il resto. Ci lavorano i migliori apparati della questura: la Scientifica e la Omicidi della Mobile. Contano di chiudere il cerchio in pochi giorni.
Gli accertamenti non sono semplici e si basano su attività tecniche. In attesa dell’esame del medico legale. Per ora non escludono ipotesi. Cercano dichiarazioni anche in via confidenziale. La morte del 39enne ha fatto rumore, anticipata ieri da ‘Cronache di Napoli’. La notizia è rimbalzata nei quartieri a nord della città, oltre che ai Decumani. D’Agnese è il genero di Pietro Amato. Ed era stato scarcerato in estate dopo dodici anni al 41 bis per associazione mafiosa. Era detenuto nel penitenziario di Novara dal 2011. Ininterrottamente. Solitamente, quando si è liberi dopo tanti anni, è come se si tornasse a vivere. Le sensazioni sono gioia, esultanza. Poco si allineano con l’ipotesi del gesto estremo, riflette un investigatore esperto. Se aveva superato dodici anni al carcere duro, poteva superare qualunque avversità. Non è uno tra i tanti. Accusato di associazione mafiosa (clan Amato-Pagano) e droga. Appena libero la magistratura gli voleva applicare la misura della sorveglianza speciale. Ma l’avvocato Luigi Senese era riuscito a evitarla. In pratica il 39enne era completamente libero. D’Alterio conosceva i segreti degli Scissionisti. Fu arresto nel giugno 2011 insieme a Carmine Amato (nipote del boss Cesare Pagano). Erano in una villetta, vicino a una cava di tufo ai Camaldoli. In casa due pistole modificate per sparare a raffica. Famoso il bacio stampato sulle labbra da un uomo all’uscita dalla questura. Allora aveva 27 anni. Aveva sempre frequentato la prima linea della cosca.
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