Il blitz nei comuni di Cercola, Sant’Anastasia e Somma
L’espansione della mala di Ponticelli nell’area vesuviana interrotta dalla Direzione distrettuale antimafia. Scacco a due gruppi criminali, con sedici persone finite in manette al culmine di un’inchiesta che vede coinvolte in tutto diciannove persone. Tutte, a vario titolo, ritenute contigue agli ambienti criminali della periferia orientale del capoluogo, che si sarebbe allargata a macchia d’olio nei comuni di Cercola, Somma Vesuviana e Sant’Anastasia. Un vero e proprio terremoto per gli ambienti criminali di una zona della provincia considerata sempre più ‘calda’.
La mala di Ponticelli nel Vesuviano
Alle prime ore dell’alba, la polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri, su delega della Dda, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di 16 persone, gravemente indiziate, a vario titolo, di associazione mafiosa, detenzione e porto di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti tra Ponticelli e diversi comuni dell’area vesuviana.
Gli indagati, l’età, le misure
De Bernardo Roberto, 34, Carcere
Pellegrino Francesco, 42, Carcere
Mirra Enrico, 26, Carcere
Mirra Luigi, 50, Carcere
Brandi Rosaria, 52, Carcere
Lucenti Diego, 38, Carcere
Baldassarre Arca, 40, Carcere
Baldassarre Massimiliano, 47, Carcere
D’Ambrosio Roberto, 51, Carcere
Fiorentino Mammoliti, 30, Carcere
Russo Ferdinando, 26, Carcere
Sbrescia Antonio, 32, Carcere
Tubelli Raimondo, 30, Carcere
Sebeto Francesco, 47, Carcere
Abete Vincenzo, 62, Domiciliari
D’Ambrosi Valentino, 67, Domiciliari
Mirra Salvatore, 39, Indagato
Tubelli Fatima, 31, Indagata
Baselice Daniele, 30, Indagato
Smantellati due gruppi criminali
L’attività di indagine ha consentito di disvelare l’esistenza e l’operatività di due distinte consorterie camorristiche: una costituente di fatto un’articolazione territoriale del clan Mazzarella e l’altra costituente di fatto un’articolazione territoriale del clan napoletano De Luca Bossa-Schisa-Minichini. In quattordici sono stati raggiunti dalle forze dell’ordine e, dopo le formalità di rito, trasferiti in carcere. Per due, invece, si è optato per la misura degli arresti domiciliari. L’operazione porta le firme della Squadra Mobile di Napoli, diretta da Alfredo Fabbrocini, dai poliziotti del commissariato di Ponticelli, e dalle stazioni dei carabinieri di Somma Vesuviana e Sant’Anastasia.
Indagati in 19, le persone arrestate sono 16
L’area del Vesuviano era diventata il nuovo territorio di guerra dei Mazzarella e dei De Luca Bossa, il clan del Lotto O di Ponticelli, cosca espressione a Napoli est della potente Alleanza di Secondigliano. Le indagini coprono un arco di tempo che va dal 2016 al 2019. Ma nel Vesuviano, sia i Mazzarella che i De Luca Bossa-Schisa-Minichini avevano altri nomi. L’inchiesta ha infatti permesso di scoprire l’esistenza di due consorterie camorristiche: l’una facente capo all’indagato Roberto De Bernardo, attiva nei territori di Somma Vesuviana e Sant’Anastasia, costituente di fatto un’articolazione territoriale del clan Mazzarella; l’altra facente capo all’indagato Roberto D’Ambrosio, attiva nei comuni di Cercola e Sant’Anastasia, costituente di fatto un’articolazione territoriale dei De Luca Bossa.
Ricostruiti episodi tra il 2016 e il 2019
Dall’attività di indagine, svolta dal 2016 al 2019, sono emersi gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati raggiunti dal provvedimento cautelare a cui, a vario titolo, oltre all’ipotesi di associazione mafiosa, sono contestati i delitti di detenzione e porto di armi, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, plurime estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti della zona e altro. Per tutti, ovviamente, vale un principio fondamentale: il provvedimento eseguito ieri è una misura cautelare, disposta in sede di indagini preliminari, avverso cui sono ammessi mezzi di impugnazione. I destinatari della stessa sono persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunti innocenti fino a sentenza definitiva.
Erano il terrore dei commercianti
Erano il terrore dei commercianti del Vesuviano. E’ con la strategia delle estorsioni che i due gruppi criminali smantellati ieri mattina si sarebbero imposti nell’area vesuviana. E’ quanto emerge dalle oltre 500 pagine dell’ordinanza eseguita ieri dai carabinieri e dalla polizia di Stato contro i presunti gregari e affiliati a due fazioni malavitose che ‘battevano’ bandiera di Ponticelli, ma con orientamenti diametralmente opposti. Così i gruppi criminali capeggiati da Roberto De Bernardo e da Roberto D’Ambrosio avanzavano in nome, il primo, del clan Mazzarella, il secondo dei De Luca Bossa-Schisa-Minichini.
Documentati diversi episodi di estorsione
Uno scontro feroce che si è consumato tra il 2016 e il 2019 e che ha visto i commercianti del Vesuviano farne le spese. Poi la svolta, con le denunce delle vittime e le indagini della Direzione distrettuale antimafia. Nel mirino diversi piccoli imprenditori, costretti a versare alle cosche la ‘tassa della tranquillità’. Altro business in comune tra i due gruppi era quello del traffico di sostanze stupefacenti. Droga che veniva spostata e vendute nelle tante piazze di spaccio ‘spuntate’ tra Cercola, Sant’Anastasia e Somma Vesuviana. Tante ‘piccole’ Ponticelli, quartiere nel quale insistono circa dieci piazze di spaccio. Fiumi di droga sulla bisettrice Ponticelli-area vesuviana piazzati nelle ‘basi’ frequentate da clienti di ogni classe sociale.
La ‘nuova’ camorra era dedita anche alle truffe
Non solo racket e spaccio, ma anche raggiri. E già perché le indagini della Direzione distrettuale antimafia hanno permesso di accertare l’esistenza di un business delle truffe alle assicurazioni. Tutto faceva cassa, insomma, con i guadagni che venivano ‘amministrati’ dai cassieri dei gruppi criminali, e che poi finivano agli affiliati e alle famiglie dei carcerati. Fondamentali le intercettazioni e l’apporto garantito da diversi collaboratori di giustizia. La mala vesuviana va al tappeto dopo anni di tensioni criminali. E di indagini condotte nell’ombra dai detective dell’Arma dei carabinieri e della polizia di Stato.
I due clan nati con la ‘benedizione’ dei vertici delle cosche della periferia orientale
Un ricambio generazionale e un vuoto di potere da riempire. Questi gli elementi alla base dell’esplosione dei due gruppi criminali colpiti ieri dal blitz di carabinieri e polizia, esplosione che si sarebbe registrata – tesi della Dda alla mano – tra il 2016 e il 2019 nei paesi vesuviani. L’emersione dei gruppi criminali dei D’Ambrosio e dei De Bernardo sarebbe stata favorita, sostengono pm e gip, dal vuoto di potere criminale venutosi a creare al tempo in detti ambiti territoriali a seguito di una serie di arresti e decessi. Negli anni, finirono in manette Giovanni D’Avino, alias ’o bersagliere, ritenuto capo dell’omonimo clan operante a Somma Vesuviana; Eugenio D’Atri e Nicola Zucaro.
I D’Ambrosio leader nel traffico di droga, De Bernardo da capozona a reggente
Arresti e decessi: Gennaro De Bernardo morì in un incidente stradale nell’ottobre del 2014, un anno più tardi il fratello Vincenzo, alias pisiello, fu ucciso in un agguato a Somma Vesuviana. I De Bernardo sono originari di Forcella. Pisiello fu ammazzato, come hanno accertato le indagini, in risposta all’omicidio di Emanuele Sibillo, il boss della ‘paranza dei bambini’ ribattezzato Es17. L’agguato fu organizzato perché i Sibillo ritenevano che pisiello avesse ospitato uno dei killer del loro babyboss, il nipote, anche lui ritenuto all’epoca affiliato al clan Buonerba, dopo l’agguato.
Il placet del boss Salvatore Barile e il vuoto di potere da riempire
Arresti e decessi chiusero una stagione criminale sanguinosa, azzerando gli equilibri criminali pregressi. I Mazzarella e i De Luca Bossa-Schisa-Minichini, da sempre protesi verso un’espansione di tipo ‘orientale’, nominarono dunque i nuovi condottieri che avrebbero dovuto portare le cosche nell’area vesuviana. Così i De Bernardo (guidati da Roberto De Bernardo, figlio di Vincenzo) – grazie all’investitura del boss dei Mazzarella, Salvatore Barile, e da Gaetano Gemei – diventarono leader del traffico di stupefacenti, mentre Roberto D’Ambrosio, sarebbe passato dall’essere capozona di Cercola a reggente della cosca.