Nel mirino della Dda i prestanome che hanno ‘scaricato’ Francesco Schiavone Sandokan

Parte delle presunte teste di legno svelate dalla Nappa in un colloquio con l’ex marito intercettato dalla penitenziaria

2706
Giuseppina Nappa, Ivanhoe Schiavone e Nicola Schiavone

CASAL DI PRINCIPE – Che fine hanno fatto le terre: è questo il cruccio che tormenta Francesco Schiavone Sandokan. Conoscere il destino del frutto – o almeno di una parte – di una vita, la sua, interamente e brutalmente dedicata alla mafia.

L’attenzione del capoclan dei Casalesi verso i beni che – prima di essere arrestato nel 1998 – aveva acquistato e intestato a prestanome, durante l’ultimo decennio è stata quasi un’ossessione. E a dimostrarlo sono le conversazioni, tante, intercettate con i familiari: con linguaggio più o meno criptico, dal 2014 fino allo scorso anno, gli investigatori hanno appreso che Sandokan, durante i colloqui in prigione, ha chiesto ripetutamente notizie sul proprio patrimonio.

Segno, questo, non solo di un interesse mai sopito per gli affari criminali, ma anche di una conoscenza a tratti pericolosamente aggiornata sulle più recenti vicende che hanno coinvolto l’impero immobiliare della cosca (un fatto allarmante, considerando che il boss, ergastolano, si trovava e si trova al 41 bis, regime in cui le informazioni disponibili dall’esterno dovrebbero essere ridotte al minimo).

Quando nel 2022 ha parlato proprio di questo, delle terre, all’ex moglie, Giuseppina Nappa (dal 2018 nel programma di protezione offertole dopo la collaborazione con la giustizia avviata dal figlio Nicola), gli agenti di polizia penitenziaria del Nic si sono trovati ad ascoltare una sequela di riferimenti a presunte ‘teste di legno’ usate dalla famiglia mafiosa per tutelare i loro beni.

Una porzione di questo dialogo, ritenuto dalla Dda di rilevante importanza investigativa, è emersa nell’indagine, condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, che ha portato all’arresto di Ivanhoe Schiavone e di Romolo Corvino, entrambi accusati di estorsione e riciclaggio con l’aggravante mafiosa in relazione alla vendita di 13 ettari (situati nei pressi dell’aeroporto di Grazzanise) a una società riconducibile a Mario Natale (non coinvolto nell’inchiesta), avvocato di Casal di Principe ma con interessi anche nella zona di S. Maria Capua Vetere.

L’intenso confronto tra Sandokan e l’ex consorte che ha richiamato l’interese della Procura di Napoli, ora guidata da Nicola Gratteri, fu innescato proprio dalla richiesta del boss di avere informazioni su quegli immobili di Grazzanise, che adesso sono costati il carcere al figlio Ivanhoe.

La Nappa, dopo aver chiarito di non sapere a chi appartenessero quei terreni (nel 2022), iniziò a fare riferimento ad altre proprietà, tra cui alcune situate a Latina: la donna sostenne che un certo Antonio Schiavone si fosse venduto l’appezzamento in terra laziale, trattenendo per sé il ricavato. Poi, fece riferimento a ‘o merican (per gli investigatori è l’ex parlamentare Nicola Cosentino – ora in prigione per una condanna per concorso esterno al clan dei Casalesi), in relazione a un terreno nella zona della Madonna di Briano. E poi citò il figlio di tale ‘Filomena’, Salvatore. Quest’ultimo, a detta della Nappa, si sarebbe tenuto per sé i guadagni di altri beni come ricompensa per l’aver dato all’ex coniuge appoggio quando era latitante.

Insomma, la Nappa elencò a Francesco Schiavone alcuni ipotetici ‘prestanome’ che gli avevano voltato le spalle.
In realtà, queste informazioni ascoltate dagli agenti del Nic nel 2022 sarebbero state dette dalla famiglia Schiavone agli inquirenti già qualche anno prima, in occasione della collaborazione con la giustizia di Nicola, il primogenito di Sandokan. E a chiarirlo al capoclan è stata sempre la Nappa. Lei, in modo caustico, in risposta agli insistenti interessi di Schiavone per i terreni di Grazzanise, disse: “Sta tutto in mano alla Procura” e, per tale ragione, non poteva parlare, perché “c’era il segreto istruttorio” (salvo poi lasciarsi andare e fornire all’ergastolano i riferimenti di cui abbiamo scritto).

“Sta tutto in mano alla Procura”: è una frase importante, perché preannuncia come il lavoro dell’Antimafia sulle proprietà degli Schiavone non si sia fermato ai 13 ettari sequestrati a Grazzanise, ma è andato oltre e punta a scoprire e a metter le mani sul tesoro di Sandokan.

Scontro sui ‘beni’ in casa Schiavone: tensione tra Emanuele Libero e…

Colpo al tesoro degli Schiavone: arrestati Ivanhoe e Corvino. Smascherata la…

Vendere subito tutte le proprietà per recuperare il denaro: la strategia…

Fermato l’ultimo erede del padrino: Ivanhoe l’unico della famiglia a vivere…

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome