ROMA – I senatori dissidenti del M5S non mostrano nessun pentimento e nessuna paura di esprimere la propria contrarietà rispetto al decreto Salvini. Non ritireranno gli emendamenti presentati al testo nonostante la richiesta del capo politico e vicepremier Luigi Di Maio che ufficialmente teme ripercussioni sulla tenuta del governo, ma nei fatti vede indebolirsi la propria leadership.
I dissidenti
Si tratta, tra gli altri dei senatori Gregorio De Falco, Luigi Paragone, Vincenzo Presutto, Matteo Mantero, Elena Fattori e Paola Nugnes che compatti, dopo aver sposato la linea ‘dura’ del presidente della Camera Roberto Fico non ci stanno a rendersi compartecipi dello ‘snaturamento’ del M5S e da tempo mostrano la propria insofferenza rispetto all’accondiscendenza di Di Maio verso la Lega e il vicepremier Matteo Salvini.
Espulsione
E’ un rischio che i dissidenti intendono correre. Lo dice a chiare lettere De Falco. “Mi faranno un processo? Non mi pare che ci sia scritto da qualche parte che nel Movimento non c’è libertà di parola? O no? – sostiene – Fatemi vedere questo codicillo, che non me lo ricordo”.
I timori di Di Maio
Si palesano negli sms che sembra avere inviato a De Falco chiedendogli di ritirare gli emendamenti ed evitare di far cadere il governo. Anche il premier Giuseppe Conte sembra aver chiesto delucidazioni in merito agli emendamenti all’ufficiale di marina che, però, non cede. “Pensate davvero che un governo possa cadere per De Falco? Sung nu fess? Con tutti i condoni, la Tap, la Tav, la Bce, pensate che caschi con i miei emendamenti? – continua De Falco – Io sono stato un sostenitore del governo con la Lega. Perché noi eravamo al 32 per cento, loro al 17. Poi la realtà si è capovolta. Il problema non è Salvini, siamo noi – conclude De Falco – che siamo gli azionisti di maggioranza e non ci facciamo valere”.
Votare contro o uscire dall’aula?
Sembra essere il dubbio amletico che attanaglia Fattori, Nugnes e Mantero nelle ultime ore. Non un capriccio, quello dei senatori pentastellati dissidenti, ma una vera contrarietà al contenuto del decreto Salvini. “Andava ridiscussa l’intera impostazione – sottolinea Mantero – Andando a ridurre il sistema dello Sprar e promuovendo i Cas, i grandi centri, si rischia di alimentare gli affari di chi lucra sull’immigrazione e di limitare la capacità di integrazione. Si creano delle sacche di disagio, che sono quelle su cui fa profitti la criminalità. Le conseguenze le subiremo tutti, non solo i migranti. Non posso votare una legge che non riconosce il diritto d’asilo per motivi umanitari”. E ancora “se capisco che il mio lavoro su eutanasia, cannabis terapeutica, gioco d’azzardo, non è più utile, vado a casa senza aspettare che mi caccino. Al mio posto verrà qualcuno pronto a fare la testuggine”.
Il braccio di ferro
Continua la prova di forza di dissidenti e Di Maio che, in questo caso, più che della tenuta del governo inizia a vedersi indebolita la leadership in veste di capo politico del M5S.