MANAGUA – Nelle ultime ore di venerdì sera il Nicaragua ha visto una svolta. E’ stato infatti raggiunto un accordo tra il governo in carica e l’opposizione. Questo cambiamento politico permetterà di fare luce sugli scontri che in poco più di due mesi hanno portato all’uccisione di 170 persone, questo l’ultimo bilancio ufficiale, morte durante gli scontri che hanno segnato il Nicaragua.
Si attende un nuovo incontro per discutere “del processo di democratizzazione del Paese”.
A fare da mediatore sarà il cardinale Leopoldo Brenes, presidente della conferenza episcopale. Brenes ha fatto sapere che la chiesa aveva chiesto a Daniel Ortega di anticipare di due anni le elezioni generali. Anziché nel 2021, dunque, si chiede che si torni al voto l’anno prossimo, nel 2019.
La posizione di Ortega
Alla richiesta avanzata da Brenes Ortega non ha ancora dato una risposta che faccia intuire le sue prossime intenzioni. Il presidente non si è ancora sbilanciato, ma si è limitato a dire: “Ribadiamo il nostro totale desiderio di ascoltare tutte le proposte che rientrano in un quadro istituzionale e costituzionale“, ha detto Ortega.
Il presidente è tornato in carica dal 2007, dopo esser stato protagonista dello scenario politico del Nicaragua negli ultimi dal 1979 al 1990, quando si distinse per esser stato l'”eroe” della rivoluzione sandinista. L’opposizione chiede che Daniel Ortega, ormai settantenne, lasci il governo.
In Nicaragua la tensione è alle stelle
Nonostante l’accordo avvenuto ieri sera, la tensione tra opposizione e maggioranza resta ancora molto alta, il che si ripercuote sull’intero paese. Il Nicaragua, infatti, vive ancora gli assalti dei paramilitari filo-governativi, che continuano a organizzare assalti. Gli ultimi sono avvenuti in quattro distretti di Managua, mentre sono stati segnalati ulteriori nuovi scontri nel sud e nell’est del paese, precisamente a Juigalpa e a Nindiri. La scia di violenza non si placa, e le proteste non accennano a una conclusione.