Sono tornate in libertà le 12 ragazze sequestrate lo scorso 22 novembre nello Stato del Borno, nel nord-est della Nigeria. Le giovani, rimaste prigioniere per una settimana nelle mani di presunti jihadisti, sono state rilasciate sabato sera.
A confermare la notizia all’Afp è stato Abubakar Mazhinyi, presidente del governo locale di Askira-Uba. Le ragazze sono state affidate ai parenti, che si sono recati nella boscaglia per recuperarle dopo un contatto con i sequestratori, e sono state successivamente trasportate in ospedale. Secondo quanto riferito dal funzionario, per la liberazione non è stato pagato alcun riscatto: i jihadisti avrebbero deciso di rilasciare le donne perché costretti alla fuga dalla pressione dell’esercito.
La dinamica del rapimento
Il gruppo originario, composto da 13 donne e ragazze musulmane di età compresa tra i 16 e i 23 anni, era stato catturato nei pressi delle proprie fattorie, in una zona adiacente a una riserva naturale divenuta rifugio dei miliziani. Una delle donne era stata rilasciata poco dopo il sequestro, dopo aver spiegato ai rapitori di dover allattare il proprio bambino.
Un’ondata di rapimenti
L’episodio si inserisce in un contesto di forte recrudescenza del fenomeno dei rapimenti di massa nel Paese più popoloso d’Africa, una pratica tristemente nota dal 2014 con il caso delle ragazze di Chibok rapite da Boko Haram.
Dalla metà di novembre la situazione è peggiorata drasticamente, con centinaia di persone sequestrate in tutto il Paese nelle ultime due settimane. Oltre al caso del Borno, si registrano i rapimenti di 25 studentesse in un collegio a Maga (Kebbi), 38 membri di una chiesa a Eruku e 10 residenti a Ispa (Kwara). Particolarmente grave la situazione a Papiri (Stato del Niger), dove sono stati rapiti oltre 300 tra studenti e insegnanti di una scuola cattolica; di questi, circa 265 risultano ancora dispersi.
