MONDRAGONE – Una rete specializzata nei furti di auto, per poi alterare numeri di telai e targhe e rimetterle così sul mercato con identità fittizia. È il quadro che emerge dall’indagine dei carabinieri della Compagnia di Capua, sfociata, ieri mattina, nell’esecuzione di un’ordinanza cautelare emessa dal gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Gli indagati
Per otto indagati, a seguito degli interrogatori preventivi, sono scattati gli arresti domiciliari. Si tratta di Angelo Pagliuca, 55 anni, Alessandro Luongo, 32 anni, Gennaro Buonocore, 53 anni, Stefano Bono, 52 anni, tutti di Mondragone, Alfonso Ciotola, 55 anni, di Castel Volturno; e Mario Zaccone, 34 anni, anche lui di Castel Volturno; Wlady Boragine, 53 anni, di Teano; e Alfonso Sauchella Bevilacqua, 42 anni, di Cassino. Altri tre indagati sono stati raggiunti dall’obbligo di dimora per Francesco Valente, 27 anni, Giuseppe Volente, 31 anni, e Pasquale Di Rienzo, 26 anni, tutti di Mondragone. È indagato a piede libero Giuseppe Di Mattia, 62 anni, di Castel Volturno. Il provvedimento arriva al termine di una lunga attività investigativa, coordinata dai sostituti procuratori Gerardina Cozzolino (ora in Procura generale a Napoli) e Albenzio Ricciardiello, che – tra pedinamenti, intercettazioni, acquisizione di filmati e analisi documentali – ha coperto un arco temporale compreso tra dicembre 2022 e giugno 2024. Agli inquisiti, da ritenere tutti innocenti fino a un’eventuale sentenza definitiva di condanna, vengono contestati, a vario titolo, i reati di furto aggravato, ricettazione e riciclaggio.
Le due anime della rete
Secondo la ricostruzione accusatoria, la rete emersa nell’attività investigativa (sia chiaro, non viene contestato il reato associativo) avrebbe avuto due ‘anime’: da un lato chi si sarebbe occupato dei furti su strada, dall’altro chi avrebbe gestito la fase successiva di ricettazione, smontaggio e alterazione dei veicoli.
Il giro d’affari
Le indagini hanno consentito di attribuire alla presunta banda il furto di otto autovetture e due motocicli, oltre alla ricettazione e al riciclaggio di 25 auto e un motociclo. Il giro d’affari illecito è stato stimato in oltre 200mila euro.
I colpi
Nel dettaglio, a Valente, Volente e Di Rienzo vengono contestati diversi colpi messi a segno tra Sparanise, Calvi Risorta, Galluccio e Pietramelara. In un caso, il 10 febbraio 2023, avrebbero rubato una Fiat 500 a Sparanise, manomettendo il sistema di chiusura e
portando via l’auto di una donna parcheggiata in strada. Pochi giorni dopo, il 21 febbraio, lo schema si sarebbe ripetuto a Calvi Risorta con una Fiat Grande Punto; ad aprile, sempre a Calvi, sarebbe sparita una Fiat 500 Lounge, mentre a maggio e ottobre 2023 i tre, in varie combinazioni fra loro e con persone rimaste ignote, avrebbero preso di mira due Lancia Y in sosta, una a Galluccio e una a Pietramelara, sempre approfittando di vetture lasciate su pubblica via e agendo – è la tesi dell’accusa – con violenza sulle cose mediante manomissione o disattivazione dei sistemi di chiusura.
La ricettazione e il riciclaggio
La seconda fase del presunto schema criminale riguarderebbe la ricettazione e il riciclaggio di veicoli rubati. In questo filone si inseriscono, tra gli altri, i nomi di Pagliuca e Buonocore, accusati di aver ricevuto, in un caso, una Lancia Y rubata a Casandrino nel marzo 2024 e ritrovata poi a Mondragone: un’auto che, secondo gli inquirenti, sarebbe stata già destinata allo smontaggio o alla reimmatricolazione. A loro, insieme ad altri indagati, vengono contestate anche operazioni di smontaggio completo di vetture, con abrasione o sostituzione dei numeri di telaio e applicazione di targhe e telai fittizi, in modo da rendere difficoltosa l’individuazione della provenienza delittuosa. Una delle contestazioni riguarda la manipolazione di una Fiat Tipo rubata a Falciano del Massico nell’aprile 2024: secondo l’accusa, dopo il furto l’auto
sarebbe stata condotta a Mondragone, dove il telaio originale sarebbe stato alterato e sostituito con un numero fittizio, mentre sulla carrozzeria sarebbe stata applicata una targa diversa da quella originaria. Analogo meccanismo viene descritto per una lunga serie di vetture – Fiat 500L, Lancia Y, Volvo, Alfa Romeo Mito e 33, Fiat Panda, Uno, Cinquecento, Grande Punto, Jeep Renegade, Fiat Fiorino – e persino per
scooter e motocicli, con telai abrasi, riverniciati o sostituiti, targhe modificate o eliminate e componenti elettronici (centraline, autoradio) provenienti da auto rubate in Campania, Lazio e altre regioni.
In questo segmento – quello del presunto “riciclaggio” – assume rilievo, secondo l’accusa, anche la posizione di Alfonso Ciotola, al quale si contesta, tra l’altro, l’alterazione di due Volvo rubate (una V70 e una XC70) e di altre vetture d’epoca o utilitarie, per le quali, secondo l’impianto accusatorio, sarebbe stato cancellato il telaio di fabbrica e sostituito con codici fittizi, insieme all’apposizione di targhe non corrispondenti alle originali. A lui viene attribuito anche il furto di una Fiat Ritmo e di una Vespa in episodi distinti, oltre alla trasformazione di un Fiat Fiorino e di altre auto di piccola cilindrata, sempre con l’obiettivo di renderne non riconoscibile l’origine.
I furti in garage
Non mancano episodi di furto in garage, come quello contestato a Boragine e Bevilacqua, che avrebbero portato via da un’abitazione di Aquino un Piaggio Liberty e vari attrezzi (smerigliatrice, seghetto, decespugliatore), poi – secondo gli inquirenti – transitati nella disponibilità di Pagliuca e Ciotola, accusati di averne ricevuto il motociclo sapendolo provento di reato. Nel lungo elenco delle contestazioni compare anche Giuseppe Di Mattia, accusato di ricettazione di una Fiat Panda rubata a Santa Maria Capua Vetere e ritrovata a Castel Volturno: secondo l’accusa, l’uomo l’avrebbe acquistata o comunque ricevuta, pur sapendola oggetto di furto, da Bono e Zaccone, ai quali è invece imputato il furto dell’auto insieme a un’altra Fiat 500 sottratta poche ore prima a Capua. Nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati impegnati Ciro Maiorano, Ferdinando Letizia ed Edmondo Caterino.
Il circuito nero
Per la Procura, diretta da Pierpaolo Bruni, quella disarticolata dai carabinieri è una rete capace di colpire in diversi comuni del Casertano e non solo, per poi far confluire vetture e pezzi di ricambio in un presunto ‘circuito nero’ alimentato da telai falsi e targhe di comodo. Ma l’ultima parola spetta ora ai giudici: le responsabilità dovranno essere accertate nel contraddittorio dell’eventuale processo che potrebbe prendere il via.






















