NOMI E FOTO. Faida a Pomigliano per il business della droga: 3 arresti. Scontro Cipolletta-Ferretti

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Daniele Errico, Diego Ferraro e Renato Cerracchio

POMIGLIANO D’ARCO – Una escalation di violenza che sembra uscita da un film noir o da una serie crime quella che ha visto protagonisti, il 12 aprile dell’anno scorso, tre giovani legati alle storiche famiglie criminali di Pomigliano d’Arco. I carabinieri del nucleo operativo radiomobile di Castello di Cisterna, su ordinanza del gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Dda partenopea, hanno eseguito ieri mattina tre custodie cautelari in carcere per i reati di tentato omicidio, detenzione e porto di arma da fuoco, aggravati dalla finalità di agevolare le attività dei clan Ferretti e Cipolletta. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quel giorno la tensione tra i clan esplose in una violenta sequenza: due degli indagati, Renato Cerracchio e Daniele Errico, 24 e 19 anni, appartenenti al clan Ferretti, avrebbero esploso diversi colpi d’arma da fuoco contro Diego Ferraro, 21enne, legato al clan Cipolletta, mentre era in auto.

Ferraro, tuttavia, reagì immediatamente, tentando di investire con la propria vettura i suoi aggressori, che si allontanavano su un motociclo. Un episodio di violenza cruenta, tipico della lotta per il controllo delle attività illecite nel territorio, che rischiava di trasformarsi in una tragedia ancora più grande. La vicenda mette in luce la brutalità e la determinazione con cui i clan locali perseguono il loro dominio, senza alcuna esitazione a spargere sangue per mantenere il controllo del territorio. L’obiettivo, secondo la Dda, del clan Ferretti era imporsi nel business degli stupefacenti.

Ferraro, già detenuto per altre vicende, è la vittima della sparatoria, mentre Cerracchio (già ai domiciliari) ed Errico sono stati posti in carcere con l’accusa di tentato omicidio aggravato dall’essere finalizzato a rafforzare il prestigio e il potere del clan Ferretti, in stretta contrapposizione con il Cipolletta. Le indagini coordinate dalla Dda di Napoli hanno evidenziato come questo episodio non sia un caso isolato, ma parte di una guerra criminale per il controllo delle attività illecite nella città, con l’uso di armi da fuoco come strumento di intimidazione e dominio.

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