NOMI E FOTO. Modello Scampia a Castel Volturno: 11 arresti. Piazza di spaccio attiva 24 ore al giorno

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Arresti per piazza di spaccio Modello Scampia

NAPOLI – Castel Volturno. Villaggio Coppola, Pinetamare. Qui, nel degrado di un complesso residenziale dimenticato da molti, il Royal Residence, decine di famiglie vivevano sotto il peso del terrore. Oggi, l’ombra di quell’incubo è stata squarciata: i carabinieri del reparto territoriale di Mondragone, al termine di una complessa indagine coordinata dal- la Dda di Napoli, hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di 11 persone di cui due minorenni all’epoca dei fatti – ritenute responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dall’uso di armi da fuoco. Le indagini sono partite nella seconda metà del 2023, dopo un incendio doloso in un appartamento del condominio. Fin dall’inizio, gli inquirenti hanno compreso che non
si trattava di un episodio isolato, ma di un avvertimento: un segnale intimidatorio rivolto ai residenti, costretti a subire una piazza di spaccio operativa 24 ore su 24, con baricentro nella hall dello stesso Royal Residence. I protagonisti della vicenda provengono dai quartieri napoletani di Scampia e Secondigliano, noti epicentri di attività criminali organizzate. Qui hanno esportato le metodologie del crimine
urbano: percorsi obbligati, sbarramenti, vedette ai piani alti di un palazzo di dieci piani e un efficace sistema di videosorveglianza, tutto finalizzato a proteggere la piazza di spaccio e a scoraggiare l’intervento delle forze dell’ordine. L’organizzazione, secondo quanto accertato, non si limitava alla vendita di droga: esercitava un controllo militare sul condominio,
imposto con la violenza e la paura.

Gli indagati

I destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono Giovanni Gabriele, 47 anni, resi- dente a Castel Volturno, originario di Scampia, ritenuto a capo dell’organizzazione; Salvatore Marino, 53 anni, anche lui, residente a Castel Volturno, suo braccio destro; Ivan D’Aniello, 23 anni, residente a Castel Volturno, originario di Pozzuoli; Salvatore Gabriele, 20 anni, residente a Castel Volturno, figlio di Giovanni e ai vertici della banda; Emanuele Sammarco, 19 anni, originario di Napoli; Gennaro Ferrillo, 23 anni, residente a Castel Volturno, nato a Napoli; Vittorio Simone Rovani, 24 anni, residente a Castel Volturno, nativo di Napoli; Karamjit Pama Singh, 39 anni, domiciliato a Castel Volturno, originario dell’India; Francesco Costanzo, 22 anni, residente a San Marcello, originario di Aversa; Flora Caianiello, 47 anni,
originaria di Napoli, proprio come suo marito Giovanni Gabriele, anche lei ai vertici. Indagato a piede libero Franco Granito, 35 anni, del
Rione Traiano di Napoli. Colpito da ordinanza anche un giovane, all’epoca dei fatti minorenne.

Gli episodi documentati durante le indagini raccontano pestaggi mirati, incendi dolosi contro l’amministratore e altri residenti e persino un brutale ferimento ai danni di uno straniero di origine polacca, gambizzato con un’arma da fuoco clandestina e modificata. La piazza di spaccio non era solo un business criminale, ma un sistema di assoggettamento dei residenti, indotti al silenzio attraverso la paura.

La camorra

L’indagine ha rivelato che il sodalizio avrebbe ricevuto una vera e propria “autorizzazione” da soggetti riconducibili al clan dei Casalesi, fazione Bidognetti, storicamente egemone nel comune di Castel Volturno. L’uso sistematico della violenza, l’arma come strumento di controllo e le spedizioni punitive documentano come il gruppo operasse seguendo una logica militare, imponendo gerarchie e
regole ferree, simili a quelle dei quartieri di provenienza dei promotori. Le misure cautelari eseguite ieri rappresentano un colpo significativo per il tessuto criminale del territorio. Consentono di interrompere un circuito di traffico di droga consolidato, ma anche di restituire un minimo di sicurezza a famiglie che da mesi erano ostaggio di intimidazioni quotidiane. Gli inquirenti sottolineano che i provvedimenti cautelari riguardano persone ancora presunte innocenti fino a sentenza definitiva.

Tuttavia, il quadro delineato dalle indagini è drammatico e chiaro: un sistema di controllo mafioso impiantato in pieno centro residenziale, dove il crimine non è solo un affare economico, ma uno strumento di sopraffazione. Oggi il Royal Residence, dove i ‘clienti’ erano anche soliti consumare la droga, sotto gli occhi di chiunque, torna al centro dell’attenzione, ma non come luogo di paura: la presenza della giustizia, e la reazione coordinata delle forze dell’ordine, restituiscono una possibilità di speranza a chi per troppo tempo ha vissuto sotto il giogo della violenza. La sfida, ora, è garantire che la legalità non rimanga un episodio isolato, ma torni a essere il principio guida di una comunità fin troppo a lungo ostaggio del crimine.

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