Di Alessandra Lemme
ROMA (LaPresse) – “I pubblici ministeri hanno assicurato che non ci sono elementi che possano bloccare la procedura per il nuovo stadio di Tor di Valle“. Questa la notizia che danno Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini, legali di Luca Parnasi. Il tutto, dopo aver incontrato i magistrati che indagano sulla vicenda dello stadio della Roma. Può sembrare scontata, ma di certo dà speranza a quanti, a cominciare dalla società, hanno investito nel progetto da un miliardo messo in discussione dalla recente inchiesta giudiziaria.
Di quanto deciso dai magistrati sarebbero già stati messi al corrente il Campidoglio e la società sportiva. Mentre il costruttore Parnasi resta in cella a San Vittore. E, in attesa del trasferimento da Milano a Roma, fa sapere dal carcere di essersi dimesso da presidente di Euronova, l’azienda responsabile del progetto.
Secondo la procura, l’imprenditore per superare gli ostacoli burocratici e arrivare all’approvazione del piano, avrebbe promesso a politici e funzionari denaro, lavori e assunzioni
Parnasi avrebbe tentato di ‘oliare’ i vari passaggi dal 2017 in poi, con una corruzione che la gip Maria Paola Tomaselli definisce “sistemica”. Per farlo si sarebbe servito di tanti, a cominciare dall’avvocato Luca Lanzalone. Che per la giunta Raggi seguiva la trattativa sulla modifica del piano e che in cambio dell’aiuto fornito a Parnasi avrebbe ricevuto incarichi e consulenze del valore di 100mila euro.
Lanzalone, finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione, respinge le accuse. “Io non ho ricevuto nessuna utilità da Parnasi. Su questo sono tranquillo, non ho avuto un euro”.
Intanto va avanti la fase istruttoria. Nuovi dettagli potrebbero arrivare presto da documenti e cellulari sequestrati durante le perquisizioni effettuate la settimana scorsa. Associazione a delinquere, corruzione, traffico di influenze, frodi fiscali, finanziamenti illeciti. Questi i reati contestati, a vario titolo, alle nove persone arrestate nell’ambito dell’inchiesta.