MILANO – La guerra della Russia contro l’Ucraina, la persistente pandemia di coronavirus e i danni dovuti ai cambiamenti climatici stanno esercitando un’intensa pressione sulla fascia di popolazione più povera del mondo. Ad affermarlo in un rapporto dedicato al tema è l’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
L’ente con sede a Parigi ha spiegato come 60 stati, territori e località erano già rientrati lo scorso anno nella categoria dei “contesti fragili”, ovvero esposti a rischi economici, ambientali, sociali e politici che non hanno la capacità di assorbire. Tutto questo prima che la Russia invadesse l’Ucraina e intensificasse questi problemi.
Il rapporto presentato dall’Ocse ha infatti indicato che siamo in presenza del maggior numero di luoghi in tali gravi difficoltà da quando l’Ocse ha iniziato a pubblicare il suo rapporto ‘States of Fragility’, nel 2015.
I 60 paesi rappresentano il 24% della popolazione mondiale, il 73% di coloro che vivono in condizioni di estrema povertà, l’80% di coloro che sono morti in conflitti e la stragrande maggioranza dei paesi dove esistono “hotspots della fame” al mondo. Inoltre, ospitano il 95% della cifra record di 274 milioni di persone che secondo le Nazioni Unite hanno bisogno di assistenza umanitaria.
“Siamo in un’era caratterizzata da molteplici crisi, shock e incertezze”, ha affermato l’Ocse, prima di specificare che solo una persona su tre in luoghi fragili ha ricevuto vaccini contro il Covid, rispetto a tre su quattro nei 38 paesi dell’OCSE relativamente ricchi.
L’organizzazione ha infine sottolineato che i 60 stati fragili rappresentano solo il 4% delle emissioni globali, ma “soffrono maggiormente il peso dei disastri naturali legati al clima”.
I cinque paesi più fragili lo scorso anno sono stati Somalia, Sud Sudan, Afghanistan, Yemen e Repubblica Centrafricana. Tre paesi (Benin, Timor Est e Turkmenistan) sono stati recentemente aggiunti alla lista degli stati fragili lo scorso anno. Nessuno è stato rimosso.
LaPresse