ROMA– “Vogliamo giustizia, una giustizia vera, seria”. Così il padre di Niccolò Ciatti, Luigi, dopo l’udienza, a Roma, nel processo sull’omicidio del figlio.Niccolò Ciatti aveva 21 anni ed era in vacanza in Spagna la notte tra l’11 e il 12 agosto del 2017, quando venne pestato a morte nella discoteca di Lloret de Mar, Costa Brava. Sono due i processi in corso, uno in Spagna e l’altro in Italia, contro il cittadino ceceno Rassoul Bissoultanov, accusato di omicidio volontario aggravato.Cinque giorni dopo la sentenza spagnola di condanna per Bissoultanov, la terza corte d’assise di Roma si è riservata sulla questione preliminare sollevata dalla difesa dell’imputato che chiede di sospendere per “impromovibilità” il processo italiano, a causa del procedimento già in corso in Spagna.”Dobbiamo essere capaci di dare alla famiglia Ciatti una risposta dello Stato e dei giudici italiani”, sostiene il pm Erminio Amelio, che chiede ai giudici di non interrompere il processo e dare “una risposta certa e veloce, anche perché siamo in contrasto con altro Paese e dobbiamo dimostrare che la nostra giustizia funziona e in maniera celere, come loro hanno voluto dimostrarci”.”Le indagini svolte in Italia sono state serie e potrebbero portare a una condanna giusta – dice Luigi Ciatti – Quella sera c’erano tre ceceni e in Spagna uno di questi non è stato mai identificato. in Italia le prove le hanno trovate, mentre in Spagna alcune non le hanno neanche cercate”.Il 3 giugno, il Tribunale provinciale di Girona, in Spagna, ha condannato Bissoultanov, per aver picchiato la vittima fino a provocarne la morte con un calcio alla testa.L’entità della pena sarà stabilita nei prossimi giorni dai giudici e sarà compresa tra i 15 e i 25 anni di reclusione, come prevede il codice penale spagnolo. “Non posso pensare che Bissoultanov venga liberato dopo 15 anni”, dice ancora Luigi Ciatti. “Ed è molto importante velocizzare il procedimento italiano”, conclude il padre della vittima, anche perché, evidenzia l’avvocato Agnese Usai, legale della famiglia Ciatti, “in Spagna non c’è ancora un dispositivo e l’imputato, seppure condannato, può lasciare il Paese e rimanere impunito nelle more dell’impugnazione”.
di Alessandra Lemme