ROMA (LaPresse) – Si allungano i tempi per fare luce sul mistero delle ossa trovate nella sede della Nunziatura Apostolica di Via Po, a Roma. Secondo quanto si apprende da fonti medico legali, le operazioni di recupero del dna sono complicate dal deterioramento dei resti. Rimasti a lungo interrati in un ambiente particolarmente umido.
Si attende l’esito del dna
Mentre procedono le analisi di tipo morfologico sulle ossa, vanno avanti le verifiche sulle caratteristiche chimico fisiche del terreno. Che serviranno a stabilire la corretta datazione del reperto, e quelle per recuperare il dna che darà certezza assoluta sul sesso.
Le ultime indagini
Stamani Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, si è recato negli uffici della procura capitolina ed è stato ricevuto dal procuratore aggiunto Francesco Caporale che coordina le indagini. “In base a quanto ci riferiscono gli inquirenti, i primi risultati sul dna arriveranno non prima della prossima settimana – ha detto Orlandi subito dopo l’incontro -. Nel momento in cui sarà noto il dna sarà possibile compararlo in pochi minuti, come ci ha spiegato anche il genetista che abbiamo nominato come consulente. Con quello di mia sorella e con quello di Mirella Gregori”.
Le ossa sarebbero appartenute a un adulto
Secondo quanto si apprende, le ossa in questione con tutta probabilità sarebbero appartenute a una persona adulta. Per stabilire il sesso è necessario il recupero del dna. Perché in assenza della sinfisi pubica (parte del bacino), è impossibile capire, senza ulteriori indagini, se si tratti di un uomo o una donna.
Lo scheletro è uno solo, eccezion fatta per due piccolissimi frammenti ancora da valutare e che forse risalgono a periodi precedenti alla struttura principale, ed è privo degli arti inferiori.
di Alessandra Lemme