ROMA (LaPresse) – Anche la pista delle ossa ritrovate nella Nunziatura apostolica in via Po si è rivelata falsa. Il mistero sulla fine di Emanuela Orlandi, come del resto quella di Milella Gregori, sembra non avere mai fine. Le due adolescenti, dopo 35 anni, restano ‘scomparse’. Orlandi e Gregori mancano dalla loro famiglie dal 1983, quando, a poco più di un mese di distanza, senza alcuna relazione tra loro vite, non fecero più rientro a casa.
Il mistero di Emanuela
Un oblio lunghissimo segnato, soprattutto per la storia di Emanuela, da depistaggi, carte false, svariate piste investigative, comprese quelle della pedofilia, complotti internazionali e locali, tutti sotto l’ombra della Banda della Magliana. Tante le volte che la speranza è stata riaccesa, per poi spegnersi nuovamente nel dolore e nell’angoscia.
Prima la scomparsa si è intrecciata con l’attentato di Ali Agca contro Papa Wojtyla. Poi gli avvistamenti di Emanuela nei posti più disparati, ma le segnalazioni alla fine sono risultate tutte inattendibili. La prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997.
Trascorrono 22 anni dalla scomparsa e nel 2005 alla redazione del programma ‘Chi l’ha visto?’ arriva una telefonata anonima: “Per trovare la soluzione del caso andate a vedere chi è sepolto nella cripta della Basilica di Sant’Apollinare e il favore che Renatino fece al cardinal Poletti all’epoca”. Il caso si riapre, l’impatto mediatico è sconvolgente. Si scopre che nella basilica è sepolto Enrico De Pedis: il capo della Banda della Magliana. Giorni di ricerche, la tomba viene aperta e le ossa vengono repertate.
Le indagini avviate
Ma di Emanuela neanche l’ombra. Una certezza è l’indagine aperta nei confronti di monsignor Piero Vergari, l’ex rettore della basilica di Sant’Apollinare, appartenente all’ultimo filone d’inchiesta conclusosi con l’archiviazione di tutte le posizioni nel 2015. Nel 2008 l’ex amante di De Pedis, Sabrina Minardi, rivela che il capo della Banda aveva personalmente rapito la ragazza, l’aveva segregata e poi uccisa, murando il suo corpo in una villa in costruzione a Torvajanica insieme a quello del piccolo Domenico Nicitra. La testimonianza però viene smontata nei fatti: l’undicenne, figlio del boss di Palma di Montechiaro, Salvatore Nicitra, era sparito 10 anni dopo la ragazza.
Inchiesta archiviata nel 2016
Nel 2016 l’archiviazione dell’inchiesta da parte della Procura di Roma viene confermata dalla Cassazione. La famiglia però non si ferma e accusa il Vaticano: “Vogliamo risposte sulla trattativa che c’è stata negli anni scorsi tra il magistrato Giancarlo Capaldo e il Vaticano a proposito della consegna di un fascicolo su mia sorella Emanuela, una trattativa che non è stata mai smentita”, insiste il fratello della Orlandi, Pietro. Che racconta: “Pochi giorni dopo la scomparsa di Emanuela monsignor Giovanni Battista Morandini disse a mio padre che la vicenda preoccupava lo Stato, e c’era un invito a non aprire in Vaticano una falla che difficilmente si sarebbe potuta chiudere. Ecco, penso che la decisione del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone di archiviare l’inchiesta giudiziaria è un proseguimento di quelle parole. Altrimenti non mi spiego tutto questo silenzio che dura da 35 anni”.
La diffusione dell’audio
Nello stesso anno la trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ rende pubblico un audio choccante: ‘Basta mi fai male, oddio quanto sangue”. Si tratta di una voce femminile, che soffre, si lamenta e implora i suoi aguzzini di smetterla. La voce sembra quella di Emanuela ed è la stessa famiglia a consegnarlo a Federica Sciarelli dopo averlo posseduto per 25 anni. Troppi, anche qui, gli interrogativi e i dubbi su una manomissione del nastro e poi quelle parole della giovane, evidentemente seviziata: “Dovevo darti quel numero di telefono”.
Il ritrovamento delle ossa in Nunziatura
Ma quale numero? Due anni e un’altra pista mostra tutte le debolezze già venute a galla già dal primo giorno. Il ritrovamento delle ossa nella Nunziatura Apostolica venerdì 26 ottobre scorso, poi denunciato il lunedì successivo dalla gendarmeria vaticana. Uno o due scheletri, forse quello di una donna, forse quello di Emanuela Orlandi o di Milella Gregori, senza che ci fosse stato alcun indizio che portasse alle due giovani ragazze. Una suggestione investigativa, viene spiegato, che oggi si scontra con la certezza scientifica: i resti appartengono a un uomo probabilmente ucciso nel 1964. Forse si tratta di un omicidio, certo, ma non quello di Emanuela Orlandi.
di Donatella Di Nitto