ROMA – “La Pubblica amministrazione finora era percepita come un ripiego o, peggio, un ammortizzatore sociale. Ma adesso la musica è cambiata. Rigenerare la macchina amministrativa, anche agli occhi della Commissione Ue, è la chiave del nostro rinascimento post-pandemico. Siamo entrati in un’altra Italia, dentro un’altra Europa. E la Pa ha bisogno di tutti: ha bisogno di 100mila persone all’anno del turn over ordinario, e in aggiunta di decine di migliaia di ingegneri, informatici, professionisti della contabilità e della rendicontazione, giovani da affiancare a figure più mature. Il tutto in una concorrenza difficile, e benvenuta, con un mercato privato rivitalizzato dallo stesso Pnrr, perché le semplificazioni normative e il nuovo clima del Paese riaccenderanno gli investimenti privati, e quindi l’offerta di lavoro nelle aziende. In cinque anni si possono mobilitare fino a mille miliardi tra fondi pubblici e privati”. Così Renato Brunetta, ministro della Pa, intervistato dal Sole 24 Ore. “Quanto è accaduto in questi giorni dimostra l’esatto contrario rispetto al suo legittimo scetticismo. Questa cordata, così composita, ha raggiunto la cima. Una parete aspra. Pareva impossibile farcela tutti insieme. Ci siamo riusciti. Gliene toccano altre. Ma quella su cui Draghi ha piantato la bandierina era la più ostica. È stata una bella impresa, ma non è la prima. Il Governo ha dimostrato di saper mantenere gli impegni, approvando le riforme secondo il cronoprogramma negoziato con la Commissione. E ce l’ha fatta persino su temi divisivi come la giustizia. La delega sulla giustizia penale ha visto la maggioranza compattarsi intorno a una mediazione più che ragionevole, vista l’ampiezza della riforma. La delega sul processo civile è all’esame del Senato – dice – A settembre vareremo la legge sulla concorrenza e la delega sull’anticorruzione, su cui siamo già a buon punto. Come ha anticipato la ministra Cartabia, arriveranno le riforme del Csm e della crisi d’impresa. Parliamo di norme che hanno un immediato impatto sulla vita dei cittadini, delle famiglie, delle aziende. Il Governo ha provato sul campo stabilità, affidabilità, serietà, intelligenza. E il Parlamento ha risposto bene. Il Paese è stato credibile”.
“Chi sarebbe così autolesionista da lasciare l’Italia senza Mario Draghi, il leader più autorevole del mondo? Stiamo vivendo una fase di boom economico, senza ancora aver ricevuto un euro dei circa 200 miliardi del Next Generation Eu. A luglio gli indici di fiducia delle famiglie e delle imprese hanno di nuovo battuto le attese degli analisti. L’Istat ha appena certificato una crescita del +2,7% del Pil nel secondo trimestre. Una performance migliore di Germania (+1,5%) e Francia (0,9%). Il nostro Paese si è rivelato la locomotiva della ripresa europea nella prima parte dell’anno e potrebbe chiudere il 2021 con una crescita intorno al +6%. Gli italiani si rendono conto del fatto che quello a cui stiamo assistendo è un miracolo fiorito dalla sciagura e non perdonerebbero chi provasse a rovinarlo. Il «momento Draghi» è il game changer per l’Italia. Siamo a un bivio: non dobbiamo farci del male”, spiega.
“A rileggere le linee programmatiche che avevo presentato alle Camere il 9 marzo resto piacevolmente stupefatto: cinque mesi dopo abbiamo di fatto realizzato le prime tre lettere del nuovo alfabeto. L’«accesso» è stato rivoluzionato prima con la riforma dei concorsi pubblici ordinari – sbloccati, semplificati e digitalizzati – e poi con l’approvazione delle modalità fast track per il reclutamento dei profili Pnrr. La «buona amministrazione» è stata perseguita con il decreto semplificazioni: addio ai colli di bottiglia, alle autorizzazioni che durano anni, ai ricorsi che bloccano le opere. Al «capitale umano» pubblico abbiamo garantito ricambio, formazione, mobilità, valorizzazione del merito. Tutto questo è prodromico alla «digitalizzazione». Adesso siamo all’ultimo miglio, quello della messa a terra dei progetti e dell’appropriazione collettiva del Pnrr, che devono andare di pari passo. L’enorme dispiegamento di energie, di risorse e di interventi dai palazzi deve arrivare nelle case di ogni cittadino, nelle sedi di ogni impresa, nelle aule di ogni università”, conclude.
LaPresse