MILANO – “La mia candidatura è vera, anche se molti provano a silenziarla. Io ho ragioni potenti per candidarmi alla segreteria di un partito che è scalabile. Non sono sola, tante federazioni e circoli lavorano con me a un’idea diversa di Pd, per mettere molto più potere decisionale nelle mani degli iscritti. Un cambiamento radicale, che illustrerò nella mozione e in un libro”. A dirlo, in un’intervista al Corriere della Sera, è Paola De Micheli, che nei giorni scorsi si è candidata per succedere a Enrico Letta alla guida del Partito Democratico. “Sono una donna grintosa, concreta, felice, che va al punto. Ho una visione di sinistra del Paese. Quando vado a correre o al supermercato le persone mi dicono ‘Non mollare!’ e si complimentano per il coraggio. Mai una donna si era candidata a guidare il Pd”. Rosy Bindi, spiega, “ci ha provato, unica nella storia. Ora provo io e dicono ‘Paola farà il ticket con un uomo’. No, facciano il ticket con me, perché io sono già stata vicecapogruppo e vicesegretaria. Ho fatto esperienze molto importanti, da dirigente e nelle istituzioni. Ho molte idee per cambiare il Pd, a partire da un’organizzazione più concentrata su iscritti e volontari”.
De Micheli aggiunge: “Siamo il partito che ha fatto più leggi a favore delle donne, ma poi le candidature a sindaco o presidente di Regione sono rarissime. E la colpa è anche della misoginia di alcune donne che, con un po’ di accidia, si sentono soddisfatte da un ruolo ancillare”. Sulla sua candidatura ha le idee chiare: “Devo chiedere il permesso? Io almeno l’ho detto e non mi candido solo se vinco. Mi candido, poi vinco. A furia di marcarsi a uomo finiranno per spaventarsi e vincerò io”.
“Il Pd – prosegue – ha una funzione storica molto importante, in Italia e in Europa. Io la Ue la voglio diversa e migliore, Giorgia Meloni non la vuole. La sfido, facciamo in Parlamento un patto per il lavoro e ci troverà. Non ho ancora nessun altro da sfidare”. Per la corsa alla segretaria, tra Bonaccini, Nardella e Schlein, “non temo nessuno – dice -, la paura è riservata alle cose della vita, non della politica”.
Su Meloni spiega: “Contro un’avversaria così aggressiva e suadente bisognava fare una campagna elettorale corpo a corpo”, mentre Letta “ha perso la sua freddezza quando è caduto Draghi, forse pensando bastasse il prestigio del premier. Non abbiamo capito la sofferenza del Paese e la reazione alla sconfitta è stata un po’ gattopardesca. Comunque è finita un’epoca”.
(LaPresse)