Il Pd si prepara ad eliminare il ‘renzismo’: asse Martina-Zingaretti in vista del congresso

L'obiettivo è quello di togliere voti a Minniti, sostenuto proprio dall'ex premier. Per le Europee si va verso il listone di centrosinistra.

Foto Vincenzo Livieri - LaPresse in foto Matteo Renzi

ROMA – L’operazione è partita in sordina ma è ormai in pieno corso. L’obiettivo è quello di espellere definitivamente il renzismo dal Pd. Dal forum programmatico del weekend, a Milano, è partita una raffica di critiche e prese di distanza dall’ex premier e dalle scelte del suo governo. Spesso per bocca di suoi ex sostenitori o membri del suo esecutivo.

I fedelissimi voltano le spalle e i renziani sbottano

Ad esempio Maria Elena Boschi e Teresa Bellanova se ne sono andate prima della chiusura, e che anche il moderatissimo Lorenzo Guerini parla di “meschinità” contro l’ex premier. Il senatore renziano Salvatore Margiotta sbotta: “Io e altri colleghi, nella scorsa legislatura, abbiamo sostenuto governi che hanno fatto ottime cose. Ma ora ministri di quei governi, da noi sostenuti, ci dicono che abbiamo sbagliato. Noi, eh, mica loro. A sostenere loro abbiamo sbagliato, certamente”. Gli fa eco l’ex parlamentare Stefano Esposito: “Sono davvero incazzato. Io ci ho messo la faccia, e loro ora fanno finta di non esserci stati. Ma vadano a quel paese”.

No alla frenata per il congresso

Sotto accusa ci sono Dario Franceschini, Federica Mogherini, lo stesso Maurizio Martina, attuale segretario. Il quale, domenica, ha accelerato il percorso verso il congresso, che i renziani vorrebbero rallentare. Quando il capogruppo al Senato Andrea Marcucci ha invitato dal palco a riflettere se non fosse meglio posticiparlo, è stato vivacemente contestato dalla platea.

Il piano di Martina e l’asse con Zingaretti

Martina ha lasciato intendere che potrebbe anche lui scendere in campo come candidato leader per le primarie, che dovrebbero tenersi a febbraio. Una candidatura che potrebbe cambiare i giochi. Finora si prefigurava una sorta di testa a testa tra Nicola Zingaretti e Marco Minniti, sponsorizzato silenziosamente proprio da Matteo Renzi, che ancora non ha ufficialmente sciolto la riserva ma che è già al lavoro per preparare il terreno.

Con il terzo incomodo Martina di mezzo e gli altri candidati minori in pista – da Matteo Richetti a Francesco Boccia in quota Emiliano – i conti potrebbero sballare. Con il rischio che nessuno, alle primarie, riesca a coagulare su di sé una maggioranza del 50 per cento, tanto più se la partecipazione, come probabile, non fosse altissima.

Senza il 50% decide l’assemblea nazionale

A quel punto, ad eleggere il candidato sarebbe l’assemblea nazionale, con un ballottaggio a scrutinio segreto tra i due più votati. E ogni gioco di corrente diventerebbe possibile. C’è chi assicura che anche di questa eventualità abbiano discusso Zingaretti e Minniti, qualche giorno fa, in un pranzo a Roma. Già fatto l’accordo: vinca il migliore, e comunque l’altro, un attimo dopo, gli darà il proprio appoggio in nome della presunta ‘unità’ del partito.

Europee, si va verso il listone

E anche sulle prossime Europee ci sarebbe sintonia. “Vedrete, a maggio non ci sarà una lista del Pd, ma una cosa più larga”, spiegano i bene informati. Un listone di centrosinistra che raccoglierà varie sigle e istanze, dagli ex Leu alla lista Emma Bonino. E che servirà, soprattutto, a “non farci contare”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome