Pd, guerra per il Parlamento.A rischio i 7 eletti del 2018

Stefano Graziano

NAPOLI (Anastasia Leonardo) – Lo scontro interno al Pd scatenato dalle dimissioni di Leo Annunziata e dalla necessità di eleggere un nuovo segretario regionale, è solo un’anticipazione di quella che sarà la lotta piddina per le Politiche. Una sorta di prova generale per i capibastone che sul nome del neo segretario campano si stanno pesando. Che la maggioranza del partito, oggi, sia deluchiana è fuori di dubbio. Ma il fatto che nonostante il placet del segretario nazionale Enrico Letta, del governatore Vincenzo De Luca e del capogruppo in consiglio regionale, non si riesca ad assicurare a Stefano Graziano l’elezione a segretario con un’ampia maggioranza, porta gli altri capibastone a fermarsi per riorganizzarsi. Tra i sostenitori di Graziano e gli oppositori ufficiali, ossia il deputato Umberto Del Basso De Caro, il presidente del consiglio regionale Gennaro Oliviero e la componente della direzione nazionale Camilla Sgambato, esistono altre correnti che solo apparentemente restano in campo neutro. Per esempio la componente che fa capo al ministro Andrea Orlando o quella legata al deputato Lello Topo a cui si aggiungono le diverse posizioni dei consiglieri regionali. Con un frazionamento di questo tipo non è chiaro come Letta abbia inizialmente pensato addirittura all’elezione unanime del neo segretario. Ma al di là della vicenda relativa alla segreteria regionale che in un modo o nell’altro – tre le possibilità: Graziano eletto a maggioranza, accordo su un nome diverso o commissariamento – dovrebbe arrivare a risoluzione dopo Pasqua, il vero problema per il Pd è iniziare a capire come muoversi in vista delle Politiche. Alle lacerazioni interne che fanno parte della storia del partito c’è da aggiungere il problema legato alla coalizione e alla necessità di ‘accontentare’ tutti. Cosa che è matematicamente impossibile. Posto che ad oggi è difficile immaginare una legge elettorale diversa dal Rosatellum e considerata la rimodulazione dei collegi in base alla riduzione del numero di parlamentari, il Pd difficilmente otterrà senatori e deputati in più rispetto al 2018. Intanto perché, se è vero che nel 2018 con il 18 per cento dei consensi riuscì a piazzare sette parlamentari, è altrettanto vero che oggi con gli spazi ristretti sia alla Camera che al Senato non basterà il 20/21 per cento odierno ad ampliare la flotta di parlamentari campani. A questo si aggiunge che quasi sicuramente, il Pd dovrà ospitare nelle proprie liste anche qualcuno vicino ai ‘civici’ che sostengono fedelmente De Luca o esponenti di Liberi e Uguali che, nonostante il congresso di qualche giorno fa, potrebbe da qui alle elezioni confluire nel Pd (una sorta di ritorno a casa dei bersaniani). Stando a voci di palazzo, i dem sperano di poter vincere nella maggior parte dei collegi uninominali, dove nel 2018 ebbero la meglio ovunque i grillini. Per questo gli accordi con il M5S, laddove si confermasse l’alleanza giallorossa, incideranno sul tipo di candidatura. Altri calcoli andranno fatti a seconda della posizione che assumeranno i leader di Azione Carlo Calenda e di Italia Viva di Matteo Renzi. Il quadro generale è complicato e se il Pd va in panne sull’elezione del segretario regionale è ipotizzabile che per le Politiche si scatenerà il caos.

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