“La luna di miele finirà, la maggioranza si sfalderà e noi dobbiamo farci trovare pronti”. Enrico Letta riunisce gli eletti dem e chiede un “giuramento”. Da subito, è convinto il leader, bisognerà riporre nel cassetto i ‘gradi’ di chi ha governato, preso decisioni, amministrato il potere, e vestire i panni dell’opposizione, per contrapporsi in modo efficace “al governo più di destra che l’Italia abbia mai avuto”. “Abbiamo una responsabilità storica, dobbiamo assumercela, e ci dobbiamo prendere l’impegno di far durare questo pessimo governo il meno possibile”, scandisce.
Il segretario, ormai a fine mandato, sembra vestire quasi i panni dell’allenatore: ci sono i neo eletti da motivare e i parlamentari di lungo corso da preparare al fatto che da ministri, presidenti di commissione o vice, torneranno ‘soldati semplici’. All’inizio, dice alla squadra riunita nella sala Berlinguer, “le soddisfazioni saranno scarse. Siamo minoranza, tendenzialmente perderemo tutti i voti che faremo e le nostre proposte saranno rigettate, ma i grandi risultati ci saranno se saremo uniti e costruiremo bene il nostro percorso di opposizione”.
Gli incarichi elettivi da dividere non permettono grandi giochi di equilibrio e ancora, spiega chi segue il dossier, “la partita è aperta, nel tentativo di fare contenti tutti”. Letta, in ogni caso, decide di parlare chiaro e ribadisce l’indicazione ‘rosa’ per le presidenti dei gruppi. “L’asimmetria in questa sala è evidente. Il tema della rappresentanza di genere per me è stato lo smacco più grosso di queste elezioni e c’è la necessità di lavorare a un riequilibrio a partire dalla scelta dei capigruppo con due rappresentanti donne”.
In pole restano Anna Ascani per la Camera e una tra Simona Malpezzi e Valeria Valente per il Senato, “ma i loro nomi devono incastrarsi con gli altri incarichi”, è il refrain. Ci sono le vicepresidenze delle due Camere (si fanno i nomi di Debora Serracchiani e Nicola Zingaretti a Montecitorio e dell’uscente Anna Rossomando e Graziano Delrio al Senato), i questori e i segretari d’aula.
“Guardo questa sala e so che qui dentro potremmo tranquillamente comporre tre liste dei ministri assolutamente all’altezza e autorevoli”, e anche se dal “lavoro che ci aspetta verranno soddisfazioni inferiori vi chiedo generosità e impegno assoluto”. Non solo. “Molti di voi diranno: ‘Io voglio andare lì’, ma non tutti possono andare nello stesso posto. Servirà un lavoro di composizione fatto con un atteggiamento di disponibilità – è l’avviso ai naviganti – Nessuno vorrà forzare la mano e vi assicuro che non ci saranno correnti che imporranno niente a nessuno”, ma “se non staremo insieme, se ci divideremo saremo minoranza sempre”.
Non solo la partita dentro il Pd, però. Domani e venerdì ci saranno le votazioni per eleggere i presidenti di Camera e Senato (i dem voteranno scheda bianca, mentre nel Terzo polo si registrano aperture nel caso il nome del centrodestra fosse quello di Giancarlo Giorgetti) poi, dalla settimana prossima, si aprirà il risiko degli incarichi di garanzia ed è lì che i tre partiti di opposizione si giocano un posto al sole. Matteo Renzi parte all’attacco.
“Oggi il Pd e i 5stelle anziché rispettare le regole istituzionali hanno deciso di spartirsi tutti i ruoli di garanzia, contro il naturale diritto del Terzo Polo, creando una lesione istituzionale”. Per il leader di Iv Pd e M5S sono pronti a chiedere sia una vicepresidenza della Camera che una del Senato a testa, escludendo di fatto le altre opposizioni. I dem hanno poi puntato il Copasir e il M5S la Vigilanza Rai, ambita anche dai renziani, mentre a Iv e Verdi sinistra potrebbero andare le presidenze per le giunte per il regolamento. “Nessun inciucio e nessuna forzatura – replicano i dem – si chiama rappresentanza parlamentare”.
Intanto il Terzo polo sceglie i capigruppo: Matteo Richetti dovrebbe andare alla Camera (in quota Azione) e Raffaella Paita a presiedere il gruppo dei senatori del gruppo (in quota Iv).(LaPresse)