ROMA (Giuseppe Palmieri) – L’ex premier Matteo Renzi ha imbavagliato il Partito democratico. Ha fatto valere, in maniera silente, la forza dei numeri ed ha imposto alla sua linea. Niente dialogo con il Movimento 5 Stelle per la formazione di un governo, con il segretario Maurizio Martina che ha incassato la fiducia, all’unanimità, solo perché alla fine farà ciò che il senatore fiorentino aveva ‘dettato’ già nell’intervista televisiva di domenica scorsa.
La tregua che mantiene in sella il segretario
La novità apparente è rappresentata dal no, votato all’interno della relazione, ad un governo con Salvini, Meloni e Berlusconi come ‘soci di riferimento’. Questo, però, si sa, potrebbe cambiare in caso di nuovo appello alla responsabilità del Capo dello Stato per porre fine a uno stallo politico che va avanti da due mesi. In tema di ‘responsabilità’ per restare in qualche modo al governo, i dem si sono sempre distinti negli ultimi anni. Martina sa bene che lunedì, visto che Sergio Mattarella ha convocato le nuove consultazioni, salirà al Colle con un margine di manovra prossimo allo zero.
“Dobbiamo supportare l’operato del presidente a cui vanno anche da qui i nostri sentimenti di stima e fiducia”, ha spiegato il segretario. Almeno un po’ di autocritica il Pd se la concede: “C’è bisogno di una rifondazione dell’analisi e del pensiero che è anche una gigantesca sfida culturale oltre che politica. Basta con i rapporti di forza e le sfide a colpi di numeri. Serve davvero un nuovo inizio per questo progetto. Non tornare indietro e non andare oltre. Possiamo farcela se ricominciamo a lavorare insieme sul senso della prospettiva che vogliamo per il nostro Paese. Su un’idea di futuro per gli italiani, molto prima dei nostri destini”, ha detto Martina.
L’Aventino bis e il chiodo fisso di Renzi
La minoranza ha dovuto digerire l’ennesimo boccone amaro. E Andrea Orlando avverte: “Questa è l’ultima chiamata per una vera unità, altrimenti con il doppio timone rischiamo di imbarcare moltissima acqua: se siamo convinti che il mandato a Maurizio è pieno alziamo la mano, se no discutiamo un giorno in più ma decidiamo un assetto per affrontare una sfida che è la sfida della vita del Pd. Siamo senza una linea politica”, ha spiegato il ministro. I dem, insomma, se ne tornano sull’Aventino, su ordine del loro segretario che spera di potersi ricostruire una verginità politica facendo opposizione, o al massimo supportando un ‘governissimo’ senza i 5 Stelle. Il pensiero è il voto. Presto o tardi che arrivi.