ROMA – Uniti ad applaudire la vittoria di Andrea Frailis che, da candidato unico del centrosinistra, vince le elezioni suppletive in Sardegna. Tutti convinti (o quasi) nel sostenere il Fronte di Carlo Calenda per le prossime Europee. In trincea quando si parla del congresso e dei suoi numeri, con i rappresentanti delle diverse mozioni che contestano i dati sin qui trapelati. Mentre Romano Prodi individua nel voto per eleggere le istituzioni Ue un nuovo ’48 e avverte: “Se non stiamo insieme non ci sarà futuro”, il Pd prova a capire come stare (e restare) in campo.
Le votazioni: Boccia critico
I voti degli iscritti nei circoli vanno avanti e sottobanco, nelle chat dei parlamentari, continuano a circolare i dati ‘minuto per minuto’. La nuova sintesi a oltre 86mila votanti dà Zingaretti in testa al 49,9%, seguito da Martina al 32,1%, Giachetti al 13,7% e Boccia al 3%. Il trend, di fatto, non cambia, ma con le nuove percentuali arrivano le nuove polemiche. “Ancora si leggono dati sulle convenzioni di circolo assolutamente infondati e spesso totalmente falsi – attaccano dal comitato di Boccia -. Ogni comitato sta dando i propri dati senza raccogliere adeguatamente quelli degli avversari. Dai nostri calcoli siamo al 7% ma questo dato non ha alcun senso perché le operazioni di voto sono in corso”.
La mozione Martina resta fiduciosa
“A me non sembra che rappresentare il congresso del Pd come una guerra sulle cifre sia molto utile. Zingaretti è in campo da un anno ma nonostante ciò la partita è apertissima”, mette in chiaro – dalla mozione Martina – Lorenzo Guerini. A placare gli animi interviene il presidente della commissione congresso Gianni Dal Moro: “Ogni dato uscito è falso non avendo il crisma né dell’ufficiosità, né, tanto meno, dell’ufficialità – ribadisce –. Ora si riunirà la commissione e prenderà le sue decisioni in merito”.
Calenda guarda alle Europee
Chi confessa, da iscritto, di non aver votato per il segretario è Carlo Calenda che si dice impegnato a costruire il Fronte per le Europee e “a tenere l’unità del Pd che si è costruita intorno a questo progetto”. L’ex ministro dello Sviluppo economico comincia a tracciarne i confini e dice no alle “ammucchiate”. “Non credo che debba entrare nel movimento chi cerca alleanze nazionali a destra o a sinistra, con Lega o M5S sennò sarebbe un’operazione di trasformismo politico. Quindi, nello specifico – ribadisce – credo che non debbano entrare LeU e Forza Italia”. E se gli esclusi, a destra come a sinistra, rispondono che non sarebbero comunque stati della partita, sui social, in realtà, diversi elettori moderati chiedono spiegazioni. “Io sono sempre stato di centrodestra e mo che faccio? – gli scrive Gianluca – Ho aderito al manifesto ma ho letto di non essere gradito”. “Sei gradito e benvenuto”, replica Calenda che ringrazia anche chi, come Roberta, pur provenendo dal campo ‘avverso’ gli professa ora fiducia.
Critico Delrio
Critico, invece, nei confronti del manifesto ‘Siamo Europei’, il capogruppo Pd alla Camera Graziano Delrio che dice no “a un fronte anti-salviniano” e rifiuta anche l’idea di abbandonare il simbolo del Pd: “Non bisogna nascondere i simboli, io non mi vergogno della mia storia, non penso che il Pd sia una bad company”, spiega. Calenda gli dà ragione: “Delrio coglie il punto. Il Manifesto #SiamoEuropei non è un listone contro ma una proposta PER una nuova Europa. Da far crescere nelle adesioni/evolvere nei contenuti, rispettando la storia dei partiti e movimenti che la condivideranno. Avanti”, precisa mentre – da manager – dopo aver raggiunto 75mila adesioni fissa l’obiettivo 100mila in poche ore. Non arriverà quella di Matteo Renzi. “Gli ho parlato del manifesto – spiega Calenda – mi ha detto che lo trovava una soluzione utile, ma che non avrebbe aderito: preferisce stare distante per non farsi dire che guida il Pd da dietro le quinte”.
LaPresse/Nadia Pietrafitta