Pericolo scarcerazioni. Ma la colpa non è di chi mette i boss ai domiciliari

Foto LaPresse - Marco Cantile 10/07/2015 Caserta (IT) Cronaca Blitz del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta. 7 persone affiliate al clan dei "Casalesi" fazione Iovine. Ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso. Coinvolti anche Pubblici Amministratori del Comune di Villa Di Briano. Nella foto: Coppola Nicola

Era arrivato da Napoli Nord il sì alla scarcerazione di Corrado De Luca . Ma a bloccarla ci ha pensato il tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il boss sta affrontando due processi in primo grado: e in entrambi è attiva, a suo carico, la custodia cautelare in prigione.

Corrado De Luca

Ad Aversa risponde di detenzione illegale di armi: nella casa di Davide Diana (giudicato con rito abbreviato), in un’idrosfera, avrebbe nascosto pistole e proiettili. Dinanzi al palazzo di giustizia sammaritano, invece, è imputato per associazione mafiosa ed estorsione.
Secondo la Dda partenopea, dopo il pentimento di Antonio Iovine (datato 2014), ritornato da Roma ha assunto la guida della cosca mafiosa di San Cipriano d’Aversa. E della presunta riorganizzazione del clan, recentemente, ha parlato anche Mario Iavarazzo, neo collaboratore di giustizia.

I suoi legali, gli avvocati Raffaele Mascia e Domenico Della Gatta, avevano presentato istanza di scarcerazione. per motivi di salute. Il boss, detenuto a Caltanissetta (in regime comune), stando alla tesi degli avvocati, potrebbe contrarre il virus in carcere, e considerate le sue condizioni, l’infezione rischierebbe di essergli fatale. La patologia che lo affligge lo rende ‘un soggetto a rischio’ in tempo di Covid-19. Napoli Nord ha accolto la richiesta disponendo i domiciliari. Ma resta in prigione per il no di Santa Maria Capua Vetere. Se per chi lo sta giudicando in relazione alle armi può trascorrere questo periodo a casa, in attesa che passi la pandemia, per chi valuta la sua partecipazione al clan dei Casalesi deve restare in cella. Contro tale decisione gli avvocati presenteranno appello al Riesame. Se anche De Luca dovesse ottenere i domiciliari, sarebbe il secondo boss di alto profilo criminale a lasciare la prigione.

L’altro ieri è toccato a Pasquale Zagaria, fratello del padrino Michele. Nel caso del casapesennese sono state fatali le risposte in ritardo del Dap che non aveva comunicato alla Sorveglianza una struttura penitenziaria alternativa a quella di Sassari che potesse garantirgli gli esami diagnostici e le cure a seguito di un intervento subito. De Luca e Zagaria rappresentano vicende diverse: il primo è in cella cautelarmente, il secondo sta scontando una condanna definitiva a 20 anni. Ma sono il segnale di un sistema che non funziona. E la critica non è mossa dal principio giustizialista e forcaiolo che vuole tenerli ad ogni costo in cella. E’ motivata da altro. Da cosa? Dall’incapacità di avere strutture che soddisfano (in periodi di emergenza) le esigenze mediche dei detenuti. Sono mancanze gravi, che, in alcuni casi, vanificano quanto stabilito da ordinanze e sentenze. Prendersela con chi decide (il giudice) è un atteggiamento figlio di un approccio superficiale. Se devono vivere dietro le sbarre è necessario che i penitenziari non abbiano falle. Garantirlo è compito del Dap. Perché se hanno problemi, se non offrono loro i servizi sanitari necessari, significa, indirettamente, donare delle scappatoie ai criminali.

Pasquale Zagaria

Le emergenze alzano i tappeti e mostrano la polvere che c’è sotto. Mettono a nudo i punti critici. Probabilmente amplificano tutto. Alcuni aspetti ricevono attenzioni che prima del lock-down non avrebbero mai avuto. Ma le crisi rappresentano pure un’occasione. Ed è così anche per il sistema carcerario. Evitare che i boss trascorrano mesi nelle loro abitazioni quando invece dovrebbero restare in cella, significa intervenire in modo deciso sulle strutture. E serve farlo subito. Ritornando a De Luca, a completare il suo quadro criminale c’è una sentenza di primo grado all’ergastolo per omicidio. Il verdetto ora è al vaglio della Corte d’Appello. Ma in relazione a tale procedimento non c’è misura cautelare. Il sanciprianese per i delitti di Vincenzo Maisto e Italo Venosa è a piede libero.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome