Alessio Peluso, 30 anni, detenuto di origine campana considerato un esponente di spicco della camorra, avrebbe subito nel gennaio scorso un pestaggio nel carcere “Panzera” di Reggio Calabria in relazione al quale, adesso, la polizia di Stato ha arrestato e posto ai domiciliari sei agenti di polizia penitenziaria in servizio nella casa di reclusione, tra cui il comandante, Stefano La Cava, di 48 anni. Oltre a La Cava, gli agenti coinvolti nell’inchiesta sono gli assistenti capo Fabio Morale, di 55 anni, Domenico Cuzzola (45) e Placido Giordano (51); il vice sovrintendente Pietro Luciano Giordano (55) e l’assistente Alessandro Sgrò (39).
L’ordinanza
A loro carico è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip, Valerio Trovato, su richiesta del Procuratore della Repubblica, Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto, Giuseppe Lombardo, e del sostituto procuratore Sara Perazzan. titolare del fascicolo d’inchiesta. I reati contestati nel provvedimento restrittivo sono tortura e lesioni personali aggravate. Altri due agenti, nell’ambito della stessa inchiesta, sono stati sospesi dal servizio ed altri quattro risultano, al momento, indagati.
L’indagine
Per questi ultimi il gip deciderà soltanto dopo l’interrogatorio se disporre anche nei loro confronti la sospensione dal servizio, come richiesto dalla Procura. Nell’inchiesta è coinvolto anche uno dei medici in servizio nel carcere, indagato per depistaggio in quanto avrebbe reso false dichiarazioni al pubblico ministero nel corso delle indagini. Anche per lui il gip deciderà dopo l’interrogatorio se sospenderlo dal servizio. L’indagine che ha portato agli arresti è stata condotta dalla Squadra mobile reggina, diretta da Alfonso Iadevaia. La posizione che appare obiettivamente più grave è quella del comandante La Cava, al quale, oltre alla tortura e alle lesioni, sono contestati i reati di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico per induzione, omissione di atti d’ufficio, calunnia e tentata concussione. Secondo quanto è emerso dall’inchiesta, La Cava avrebbe tentato illegittimamente di visionare, costringendo un suo sottoposto a mostrargliele, alcune relazioni di servizio relative alla sorveglianza cui veniva sottoposto Peluso.
La protesta
All’epoca dei fatti, tra l’altro, il detenuto vittima del pestaggio aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di rientrare in cella dopo avere beneficiato dell’ora d’aria. Il pestaggio di cui è rimasto vittima Peluso è stato ripreso dalle telecamere interne dell’istituto di pena. L’uomo è stato colpito ripetutamente dagli agenti con i manganelli in loro dotazione, ma anche con pugni. Lo stesso personale di polizia penitenziaria, inoltre, lo avrebbe fatto spogliare e lo avrebbe lasciato seminudo per oltre due ore in cella. A denunciare le violenze subite, a distanza di alcuni giorni, è stato lo stesso Peluso togliendosi la maglietta nel corso di un collegamento in videoconferenza col Tribunale di Napoli durante un processo e mostrando i segni delle percosse ai giudici, che hanno poi segnalato i fatti alla Procura di Reggio Calabria.
©RIPRODUZIONE RISERVATA