MILANO – “Se nel brevissimo periodo le pressioni al rialzo sul Brent dovrebbero intensificarsi e la volatilità aumentare, riteniamo che nel medio termine il risultato più ragionevole sia che le trattative continuino a porte chiuse e che l’OPEC+ aumenti la produzione, probabilmente permettendo che gli Emirati Arabi non rispettino la propria quota. Quindi, riteniamo che le attuali pressioni al rialzo sul prezzo del petrolio possano essere riassorbite nel corso delle prossime settimane, complice anche il probabile riavvio delle trattative sull’accordo nucleare fra potenze internazionali e Iran”. Lo dice a LaPresse Daniela Corsini, analista commodities della Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, rispondendo a una domanda sui possibili impatti sui settori produttivi italiani dopo che che l’OPEC+ non ha raggiunto in queste ore l’accordo sull’aumento della produzione di petrolio.
“Nello scenario peggiore di un conflitto irrisolto e una definitiva spaccatura dell’OPEC+, – prosegue Corsini – i rischi che gravano sul prezzo del petrolio sono al ribasso: in assenza di un accordo vincolante, i Paesi OPEC+ potrebbero espandere velocemente il proprio output, spingendo al ribasso le quotazioni del Brent. I prossimi giorni saranno cruciali. Il prossimo annuncio dei prezzi ufficiali di vendita e gli attesi volume di esportazione dei produttori mediorientali per agosto saranno importantissimi per prevede l’entità del futuro deficit sul mercato petrolifero”.
“Dato questo scenario sui mercati energetici – dice Corsini – crediamo che l’impatto di questa repentina risalita del petrolio sui settori produttivi europei sarà limitato nel tempo. Tuttavia, restano i problemi di fondo relativi al rialzo delle quotazioni energetiche (petrolio, gas, elettricità, diritti di emissione) registrato negli ultimi diciotto mesi. Secondo le nostre previsioni, i prezzi delle materie prime energetiche si stabilizzeranno nei prossimi trimestri e probabilmente si attesteranno nel 2022 in media su livelli inferiori agli attuali prezzi di mercato, ma non avremo certo un ritorno verso i prezzi medi registrati nel 2019 o nel 2020”.
“Per questo – sottolinea l’analista – le aziende produttrici europee, ed in particolar modo italiane, devono prepararsi a convivere con maggiori costi degli input energetici: alcune aziende stanno già adeguandosi a questo contesto, ricorrendo a nuove opportunità di coperture per ridurre l’impatto della volatilità dei mercati sul conto economico, e ottimizzando i processi al fine di ridurre i consumi di energia e l’impatto ambientale. Inoltre, il continuo supporto della politica fiscale e monetaria incentiva nuovi investimenti che permetteranno di migliorare la posizione competitiva delle aziende più innovative, soprattutto nei settori che beneficeranno della transizione verde promossa dall’Unione Europea”.
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