Pizzo sugli aiuti in Ucraina. Per ogni viaggio 500 euro

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NAPOLI – Cinquecento euro per ogni ‘viaggio’ in Ucraina. Estorsione sugli aiuti umanitari. I clan – si sa – di umano hanno ben poco. Non solo quelli napoletani. Ma anche ucraini. Fermano le spedizioni, per chiedere il pizzo. Ogni trasferimento dalla Campania costa 1.700 euro, tra gasolio e autostrada (17 ore di viaggio no stop). Dunque pagarne 500 non vale la pena. E così sono scomparsi due piccoli tir stracolmi di beni. Le cosche sanno approfittare delle emergenze. Lo hanno dimostrato. E la macchina per gli aiuti umanitari in Ucraina è enorme. Si muovono tutti, enti pubblici, associazioni e cittadini. Una catena che (inevitabilmente) crea caos. E in situazioni emergenziali bisogna fare attenzione. Non solo problemi logistici. Gli autisti ucraini che trasportano i carichi da donare, non possono superare il confine, perché vengono arruolati come militari (qui vige la legge marziale). In queste ore dall’Italia partono migliaia di veicoli pieni di merce per supportare la popolazione (ma anche le forze armate). Auto, furgoni, pullman e tir. Non sempre le istituzioni e gli enti accreditati riescono a coordinare le spedizioni. Per il semplice motivo che è impossibile controllare un oceano di iniziative. Non si contano i cittadini ucraini, che in tutta fretta riempiono macchine e caravan con ogni sorta di bene per il Paese in guerra. E nel Nolano c’è una tra le più grandi comunità. Basti pensare che a Somma Vesuviana gli ucraini sono il 36 per cento della popolazione di origine straniera. Non è un caso che qui sia stata allestita la più imponente piattaforma per supportare la nazione invasa dalla Russia. Nel caos dei primi giorni del conflitto è successo di tutto. Da tutta la Campania sono partiti piccoli tir stracolmi di ogni sorta di bene. E si racconta che qualcuno avrebbe chiesto dei soldi per ‘consentire’ che due carichi arrivassero a destinazione. Fermati durante il viaggio e scomparsi. Si tratta di ‘pizzo’ su iniziative private. Ma abbiamo parlato con chi coordina la macchina dei soccorsi (ufficiale), per capire qualcosa in più. Salvatore Esposito è il presidente dell’associazione nazionale Vigili del fuoco (delegazione di Nola): “Non posso escluderlo. Noi operiamo a stretto contatto con la Protezione civile. Voglio rivolgere un appello a tutti. Bisogna avvalersi solo dei canali pubblici, che in questo caso sono la Caritas e la Croce Rossa. Non ci sono altri enti accreditati. Consiglio sempre di fare attenzione, dove circolano denaro e beni di ogni tipo. Soprattutto se c’è disordine e disinformazione, a causa di una emergenza come un conflitto bellico. Purtroppo in queste situazioni, c’è sempre lo stupido di turno, che prova ad approfittarne”. Poi taglia corto: “Suggerisco di evitare le iniziative private e affidarsi a gruppi istituzionali e meglio organizzati. Comunque se è accaduto un episodio del genere, bisogna fare denuncia”. E dopo una lunga pausa: “Da noi non ci sono iniziative private. Abbiamo un canale diretto con il consolato ucraino, che gestisce i contatti lì sul posto. La gente viene in chiesa e dona ciò che può spontaneamente. Non soldi. Nei primi giorni abbiamo raccolto abiti e alimenti. E qualcuno ne ha approfittato per svuotare la cantina. Ci sono arrivati cappotti sporchi e maglioni rotti, che abbiamo spedito al mittente. Ma nulla di più. E soprattutto niente di anomalo. All’inizio abbiamo un po’ sbandato, questo è vero. Poi abbiamo preso la giusta direzione. Finora solo l’inconveniente degli autisti ucraini, che al fronte vengono arruolati come soldati. Devono fermarsi prima del confine con la Polonia. Ora stiamo continuando a raccogliere generi alimentari e medicinali”. Oggi sulla facciata della chiesa all’Immacolata c’è un grosso cartello ‘Stop ai panni’. Segno che qui i cittadini si sono riversati in massa, per portare qualunque cosa. Una catena umana negli ultimi giorni. Non solo ucraini. Tanti italiani si sono messi in fila, per portare ogni sorta di bene. Poi c’è l’aspetto degli aiuti: a chi vanno? Alla popolazione ucraina vittima della guerra, o anche ai soldati al fronte?. Ma questa è un’altra storia.

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