Plagio nel romanzo Gomorra, ora si decide sul risarcimento

Il 24 ottobre prossimo, davanti alla Corte di Appello di Napoli, Sezione Specializzata in materia di Impresa, si terrà la prima udienza del procedimento civile di rinvio per il plagio degli articoli del Corriere di Caserta e di Cronache di Napoli nel romanzo “Gomorra”. Saranno in aula Roberto Saviano e la Arnoldo Mondadori Editore della famiglia Berlusconi da una parte. La Libra Editrice, che edita i due quotidiani locali, dall’altra.

Il procedimento è finalizzato alla determinazione dell’entità del risarcimento dovuto alla Libra per l’illecita riproduzione degli articoli di Cronache, in considerazione degli “utili illecitamente perseguiti in violazione del diritto d’autore” dallo scrittore e dalla casa editrice di Segrate. Tra i testi copiati, dei quali Saviano si è illecitamente attribuito la paternità, un articolo intitolato «Ore 9: il padrino lascia la “sua” Secondigliano», nel quale veniva ricostruito il percorso compiuto dalle forze dell’ordine durante il trasferimento del boss di camorra Paolo Di Lauro da una caserma all’altra.

Altro articolo copiato era quello intitolato «Il multilevel applicato al narcotraffico», nel quale veniva ricostruita la struttura della enorme macchina da soldi organizzata dalla camorra nell’area Nord di Napoli. Un altro articolo era quello in cui venivano descritte le indagini della procura antimafia in merito a un patto tra due clan. Per quest’ultimo articolo, Saviano aveva già riconosciuto l’illecita riproduzione, inserendo a partire dalla XI edizione di Gomorra la citazione di Cronache di Napoli e dell’articolista, ma non ha mai pagato alla Libra il corrispettivo per l’utilizzo dell’articolo nel corpo del romanzo.

C’è poi un altro caso di omessa citazione della fonte, ovvero la riproduzione virgolettata di un articolo del Corriere di Caserta, attribuita da Saviano genericamente a “un giornale locale”. Ovviamente finora Saviano, invece di chiedere scusa ai giornalisti di Cronache per il plagio, ha sempre minimizzato, parlando solo ed esclusivamente di quest’ultimo caso di omessa citazione della fonte e “glissando” sui casi di plagio nei quali, secondo la Corte di Appello di Napoli e come confermato in Cassazione, “Saviano non si è limitato a riferire nella loro rigorosa oggettività notizie desunte aliunde, ma si è appropriato anche delle modalità con cui erano state esposte, nonché delle parole più significative adoperate dal giornalista (di Cronache, ndr). Si è quindi in presenza di riproduzione abusiva in senso stretto”.

E torna puntuale la “macchina del fango”

Ci si potrebbe regolare l’orologio. Quando si avvicina la data di un’udienza del giudizio per plagio Roberto Saviano fa partire i suoi soliti attacchi ai nostri giornali. Quelli che gli hanno fatto causa ottenendo una sentenza di condanna definitiva per plagio nei suoi confronti. Forse Saviano spera che le sue chiacchiere possano capovolgere le sorti del processo. Ma la Giustizia per fortuna, non si fa influenzare dalle chiacchiere.

La Corte di Appello di Napoli ha invitato lo “scrittore”, la Mondadori Editore della famiglia Berlusconi (in qualità di editore di “Gomorra”) e la Libra Editrice, che edita Cronache, a comparire in aula il prossimo 24 ottobre per la determinazione del danno che Saviano dovrà risarcire. E il Nostro si è dato subito da fare. Negli ultimi mesi ha attaccato Cronache almeno altre 5 volte.

Il 21 marzo scorso ha utilizzato come pretesto l’anniversario dell’uccisione del carabiniere Salvatore Nuvoletta ad opera del clan dei Casalesi, nel 1982. All’epoca il Corriere di Caserta e Cronache non esistevano (il giornale casertano è uscito la prima volta in edicola nel 1995, 13 anni dopo, quello napoletano nel 2000, 20 anni dopo). Eppure Saviano non è riescito a trattenersi dall’insinuare che “alcuni giornali locali, sempre gli stessi, cominciarono a dire che era stato ucciso un carabiniere che aveva partecipato a un’esecuzione di camorra”. Quali giornali? Non lo dice, ma con “gli stessi” restringe il cerchio agli unici giornali locali che attacca continuamente da ormai 18 anni.

Il giorno dopo il Corriere della Sera di Urbano Cairo pubblica un articolo di Saviano sul giovane ucciso a colpi di pistola in un locale di Mergellina. Ovviamente anche in questo caso Saviano ci dedica un pensiero: “…il passaparola della stampa locale, pur in presenza di prove della totale estraneità di Francesco Pio alla dinamica dell’alterco, parla del padre pregiudicato (e allora? Lui ha colpe?) e di una sua amicizia con uomini del narcos Antonio Gaetano. Perché lo fanno? Perché a Napoli si rassicura la borghesia della città e la politica locale e nazionale con il «si ammazzano tra di loro». È così che si fonda l’omertà e l’ignoranza”. Ma non è finita.

Passano un paio di settimane ed ecco un altro attacco. Il pretesto è la pubblicazione estemporanea sul Corriere della Sera di una foto dei tre arrestati per la strage di Ponticelli del 1983, che vide come vittime due bambine. Anche in questo caso Cronache e Corriere non esistevano ancora, ma la sete di vendetta dello scrittore è irresistibile: “Il 2 aprile del 2006 il quotidiano Cronache di Napoli portava fuori dal 41 bis un appello dei boss detenuti a Viterbo, (apparentemente) destinato ai rapitori del piccolo Tommaso Onofri: «Liberatelo e nessuno vi toccherà». Ho denunciato questo titolo molte volte perché il suo scopo era quello di creare consenso attorno ai boss”. Ma non eravamo portavoci dell’alta borghesia napoletana? Boh. In realtà l’appello non era dei boss ma dei detenuti delle carceri di tutt’Italia. Nessun messaggio, quindi.

Passa ancora qualche giorno. L’udienza del processo per plagio si fa sempre più vicina e a Saviano prudono sempre più le mani. Prende la tastiera e si lascia andare a un lungo post su Facebook. Anche stavolta la prende da lontano, riferendosi al trasferimento del suo potente amico Fabio Fazio dalla Rai a Discovery Channel. Anche lì Fazio intascherà cifre astronomiche, ma Saviano si commuove: “Fabio Fazio lascia la Rai, scrivono. Non è vero: Fabio Fazio viene cacciato dalla Rai. questa è la verità”. Ovviamente aggiunge che Fazio gli ha permesso di “disambiguare la comunicazione che alcuni quotidiani campani (premiati ad Atreju da Giorgia Meloni) fanno”. Chissà quali sono i giornali premiati ad Atreju.

Il giorno dopo La Stampa pubblica in prima pagina quello che sembra un articolo, a firma di Saviano. Il testo sembra familiare. Infatti in fondo all’articolo si legge: “Testo del post pubblicato sui profili social dello scrittore”. Ecco cos’è diventato La Stampa con gli Elkann. Intanto l’udienza per plagio si avvicina, e c’è da scommetterci: Saviano colpirà ancora.

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Don Diana, ecco i titoli dei ‘giornaloni’

NAPOLI (uc) – Nonostante i suoi rapporti con Silvio Berlusconi, nonostante abbia guadagnato milioni grazie ai camorristi che hanno recitato nei film e nelle fiction tratte da “Gomorra”, nonostante i danni che la sua serie tv ha arrecato al lavoro dei tanti uomini e donne impegnati nello sforzo di diffondere la cultura della legalità, il “riscrittore” Roberto Saviano attacca spesso Cronache di Napoli e di Caserta per i titoli pubblicati più di 20 anni fa sul complesso processo agli assassini di don Peppe Diana.
Il parroco fu barbaramente ucciso dal clan dei Casalesi il 19 marzo del 1994. All’epoca il Correre di Caserta non esisteva, ma il quotidiano la Repubblica scrisse subito: “Il prete negò un funerale e il boss sparò in sagrestia”, accreditando la tesi che don Diana non fosse stato ucciso per il suo impegno contro i clan ma perché aveva avuto un contrasto con un boss. Tra l’altro, nell’articolo si faceva riferimento a una lettera inviata da Francesco Schiavone detto “Sandokan” alla redazione di Repubblica, nel quale il boss si professava innocente rispetto al delitto e inviava questo messaggio: “Dio punirà gli assassini”.
Qualche anno dopo, la Procura di Santa Maria Capua Vetere arrestò tre uomini ritenuti mandanti ed esecutori del delitto.
Il procuratore Cordova in una conferenza stampa ipotizzò che il parroco era stato ucciso perché aveva custodito armi per conto di una fazione del clan dei Casalesi.
La Repubblica, quotidiano per il quale Saviano ha scritto per anni, sposò appieno la tesi scrivendo: “Sacerdote anticamorra? No – ipotizza la Procura di Agostino Cordova – stando alle parole di un “attendibile pentito”, don Giuseppe Diana “tempo addietro, aveva custodito armi per conto della camorra dei casalesi”. Anche il Corriere della Sera dette credito alla ricostruzione della Procura, scrivendo: “Don Diana ucciso per uno sgarro alla camorra. Un pentito: custodiva armi ma le ha consegnate ai boss rivali”.
Il Mattino, con un articolo di Rosaria Capacchione, titolò: “Clamorosa svolta sull’omicidio. Ombre su don Peppe Diana. Un pentito: «Il prete era amico dei clan»”. Il Corriere di Caserta (che allora non era edito dalla Libra Editrice, come affermato da Saviano) riassunse con il titolo: “Don Peppe Diana era un camorrista”. E ovviamente lo scrittore, quindici anni dopo quei fatti, tira fuori solo il titolo del Corriere. Guarda caso, il giornale da cui ha copiato gli articoli come da condanna definitiva.

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La Stampa aveva il 48% del “Corriere di Caserta”

NAPOLI (uc) – Tra i titoli contestati al Corriere di Caserta da Roberto Saviano ce ne è uno, soprattutto: “Don Diana a letto con due donne”. Il riferimento era alla tesi della Procura circa il possibile movente passionale dell’omicidio. Tesi smontata, successivamente, nel processo in cui si accertò che don Giuseppe Diana era stato ucciso per il suo impegno anticamorra. Quel titolo, Saviano si guarda bene dal dirlo, lo scrisse l’allora direttore del Corriere di Caserta, Antimo Fabozzo, che oggi è il caporedattore centrale de La Stampa, proprio il giornale che oggi ospita Saviano per attaccarci. Successivamente la Editrice La Stampa acquisì, per volontà dell’avvocato Gianni Agnelli, il 48% di Editalia, proprietaria delle testate Corriere di Caserta e Cronache di Napoli.

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