MELITO – In casa c’erano Ciro Luongo, Roberto Marchese, la compagna dell’ispettore di polizia e il figlio minore nato dalla loro relazione. Tra
Ciro e Roberto è scoppiata l’ennesima lite. I due discutevano spesso. Stavolta, il pomo della discordia era ancora più futile delle altre volte. A seguito di un rimprovero per la fuga di un pappagallo: un motivo che, più che futile, appare assurdo, ma che si sarebbe innestato su tensioni familiari covate da tempo. Il dramma si è consumato in pochi minuti, lunedì sera, nel parco Erica San Maio in via delle Margherite. Tutto sarebbe iniziato quando Luongo ha rimproverato Marchese per aver lasciato aperta la porta finestra di una camera, favorendo la fuga dell’animale di casa. Il volatile, nel frattempo, era stato recuperato da un vicino e riconsegnato alla famiglia. Ma le urla – descritte come “atroci” da chi abita nello stabile – hanno squarciato la quiete della sera.
Nel crescendo di accuse e parole pesanti, il giovane avrebbe afferrato un coltello da cucina, lungo circa trenta centimetri, e colpito al petto il patrigno, che si è accasciato al suolo senza possibilità di salvezza. Dopo l’accoltellamento, Marchese si è dato alla fuga. E’ stato rintracciato due ore più tardi nell’abitazione del padre naturale. Portato in questura, è stato interrogato a lungo. Al termine, il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, Cesare Sirignano, ne ha disposto il fermo con l’accusa di omicidio volontario. Ora il 20enne è recluso nel carcere di Poggioreale. A raccontare il movente è stato il figlio della vittima e della compagna, fratellastro dell’indagato, che avrebbe riferito di come la lite fosse esplosa proprio per l’uccello sfuggito alla custodia. Un elemento che, tuttavia, non basta a spiegare l’intera vicenda. Secondo chi conosceva la famiglia, i rapporti tra Luongo e il figliastro non erano sereni da tempo. Tensioni silenziose, mai esplose pubblicamente, che potrebbero aver trovato nel banale episodio del pappagallo la miccia finale.
I vicini parlano di una famiglia “normale”, senza episodi di violenza o liti note. L’ispettore viene descritto come un uomo gentile, disponibile con tutti, capace di piccoli gesti quotidiani che lasciavano il segno: offrire un caffè agli addetti alle pulizie, scambiare una parola cordiale con chi incontrava. Un poliziotto stimato dai colleghi, da poco trasferito al commissariato di Giugliano. La notizia dell’omicidio ha gettato nello sgomento l’intera comunità di Melito. In strada, nelle ore successive, silenzio e incredulità.
Anche il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato l’accaduto: “C’è da vedere quali siano le dinamiche, saranno accertati il movente, le situazioni in cui questa vicenda è maturata. Da una prima analisi mi sembra che sia circoscrivibile a dinamiche del tutto private e personali. Una grande tragedia, come purtroppo si ripetono ogni tanto, adesso gli inquirenti faranno la loro parte”. Dietro quella scena domestica c’era probabilmente molto di più: rancori inespressi, tensioni mai sopite, una convivenza difficile. Ingredienti che, ieri sera, si sono trasformati in sangue. “Profondo cordoglio” è stato espresso dal questore di Napoli Maurizio Agricola: “In questo
momento di grande dolore ci stringiamo ai familiari e ai colleghi del commissariato di Giugliano-Villaricca”.