Poliziotto ucciso, “Ciro persona buona e credente: aiutava i clochard di Napoli”. Un pappagallo all’origine della lite

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Ciro Luongo

MELITO – “Insieme abbiamo condiviso una battaglia umanitaria per restituire dignità sociale a un gruppo di clochard nei pressi della villa comunale di Napoli”. E’ sconvolto, Giuseppe Alviti, quando parla di Ciro Luongo, l’ispettore di polizia di 58 anni ucciso ieri sera dal figliastro Roberto Marchese, 20 anni, al culmine di una lite. Alviti, presidente dell’associazione nazionale Guardie Particolare Giurate, conosceva bene Ciro. I due condividevano anche la fede e il percorso religioso alimentati nella parrocchia di San Francesco Caracciolo a Miano. “Perdiamo una persona buona e molto credente, un ispettore di polizia oltre che valente e professionale, bravo e timorato di Dio – ricorda Alviti – Abbiamo frequentato la stessa chiesa e ultimamente abbiamo condiviso una battaglia umanitaria per donare dignità sociale ad alcuni clochard che sostavano nei pressi della villa comunale in piazza Vittoria, con l’ausilio di Anna Nesi, responsabile dello sportello Donna a
Secondigliano. Una perdita molto grave che penalizza tutta l’umanità. Con la sua morte perde un valido solda to non solo la polizia di Stato, ma tutta la comunità sociale militante. A lui va tutto il nostro perenne ringraziamento e affetto”, aggiunge Alviti che conclude annunciando che l’associazione da lui presieduta osserverà sette giorni di lutto.

Ciro Luongo era benvoluto da tanti. Una deduzione che arriva, prepotente, osservando il suo account personale sui social network, dove di tanto in tanto condivideva frammenti della sua vita. Già nonno, era innamoratissimo del nipote che era solito seguire nelle sue gesta calcistiche. Aveva iniziato il 2025 lasciando la polizia ferroviaria di Aversa per trasferirsi al commissariato di Giugliano, distante appena un chilometro da via delle Margherite. Cinque minuti all’andata e cinque al ritorno, per fare rientro nell’abitazione dove, ieri sera, il figliastro gli ha tolto la vita. Una vita dedita al lavoro, alla fede, alla famiglia. Oggi nei commissariati di Napo li e provincia si respirerà un clima pesante. Nella sua carriera, Luongo aveva girato tanto: Giugliano, Napoli, Casal di Principe, Polfer di Aversa, infine il ritorno a Giugliano. Non gli mancava troppo alla meritata pensione. Una volta raggiunto il traguardo, avrebbe potuto godersi a pieno la famiglia dopo una vita trascorsa a prestare servizio per lo Stato.

I MOTIVI DELL’OMICIDIO. Si diceva dei futili motivi all’origine della lite. I carabinieri hanno stretto il cerchio delle indagini nel giro di pochi minuti. Raccolta la segnala zione del fatto di sangue, si sono precipitati in via delle Margherite. Nell’abitazione il corpo senza vita di Ciro Luongo, 58 anni, ispettore di polizia in servizio al commissariato della vicina Giugliano. Luongo è stato ucciso dal figlio della compagna, donna che in una sera ha perso tutto: l’uomo che amava ammazzato dal figlio che ha messo al mondo quasi 21 anni fa, al centro del periodo natalizio del 2024. Roberto Marchese, così si chiama il ragazzo, subito dopo il delitto è scappato. Un gesto istintivo, uno di quelli che spesso i media definiscono raptus di follia. Un’arma da taglio forse rimediata in cucina, i fendenti e la fuga. Durata, comunque, poco: i carabinieri lo hanno stanato poco dopo a Bacoli.

Viene da pensare che, forse, in quell’appartamento il clima di tensione durava da un po’. Che quella di ieri sera sia stata solo l’ultima di una lunga serie di liti. Il motivo della discussione? Ciro Luongo e Roberto Marchese avrebbero litigato, si apprende da fonti investigative, per un
pappagallo. Gli accertamenti proseguono. Le attività investigative sono coordinate dalla Procura Napoli nord e dalla Dda di Napoli. Inda
gini a braccetto di polizia e carabinieri.

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