Potenza, 26 mar. (LaPresse) – Disabili fisici e psichici percossi, trascinati a terra, quando non abbandonati a loro stessi. È quanto successo in una struttura riabilitativa di Venosa, in provincia di Potenza, dove sono intervenuti i Nas denunciando 15 persone, tra dipendenti, medici e anche un religioso. Otto tra educatori e assistenti ai disabili sono finiti, su decisione del gip di Potenza, agli arresti domiciliari; per altri 4 è scattato il divieto di dimora nel comune di Venosa; per Padre Angelo Cipollone, direttore e legale rappresentante dell’istituto medico psico-socio pedagogico Ada Ceschin Pilone, è stato disposto il divieto di dimora nei comuni di Venosa e di Bernalda; due medici, il neuropsichiatra infantile Michele Germano e il chirurgo Francesco Mango, specializzato in psicologia clinica, dipendente dell’istituto medico psico-socio pedagogico, sono stati sospesi e interdetti dalla professione.
Le indagini sono partite dalla denuncia della madre di un paziente che più volte aveva notato sul corpo del figlio ematomi e graffi, che il personale della struttura giustificava con delle scuse. Gli investigatori hanno usato intercettazioni audio-video e telefoniche, hanno ispezionato i luoghi e acquisito documentazione, ascoltato parenti dei pazienti. Nonchè, si sono avvalsi della consulenza di psicologi e psichiatri che, anche con test ai disabili, avrebbero rilevato continui maltrattamenti.
I pazienti, anche se necessitavano di riabilitazione, venivano trascurati, non venivano condotte attività ricreative, e dai video sono emersi episodi in cui hanno subito calci e pugni e sono stati trascinati a terra per le stanze. Inoltre, dall’esame delle 22 cartelle cliniche sequestrate, è emerso che gli unici due medici della struttura non avevano registrato negli anni l’invio di alcuni pazienti al pronto soccorso per ferite e traumi cranici. I reati contestati sono concorso in maltrattamenti e falso ideologico e omissione in atti d’ufficio. “Il ministero della Salute deve intervenire sia effettuando ispezioni a tappeto nelle case di cura e raccogliendo le segnalazioni dei pazienti e dei loro familiari, sia installando telecamere di videosorveglianza in tutte le strutture – la richiesta del presidente del Codacons, Carlo Rienzi -, perché solo così è possibile prevenire episodi di violenza come quello di Venosa, casi aberranti perché coinvolgono soggetti che non possono né difendersi, né denunciare gli abusi”.