Preso il narcos Bruno Carbone, era latitante da diciannove anni

Bruno Carbone, 45 anni

NAPOLI – Scorrono i titoli di coda sulla latitanza quasi ventennale di uno dei narcos più potenti e influenti del mondo. Si è conclusa la vita alla macchia di Bruno Carbone, 45enne di Giugliano, broker delle sostanze stupefacenti per i clan di camorra e non solo. Catturato a Dubai nei giorni scorsi, le autorità locali e quelle italiane si sono subito attivate per portare a termine l’iter diplomatico finalizzato all’estradizione nel nostro Paese.

L’arresto

Ieri mattina, presso lo scalo aeroportuale di Roma-Ciampino, la Squadra Mobile, il Nucleo Investigativo dei carabinieri di Napoli e il Gico della guardia di finanza del capoluogo partenopeo hanno ufficialmente tratto in arresto il latitante, destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, fatti per i quali Carbone è stato già giudicato e condannato in primo e secondo grado.

La pena

Nel contempo, nei confronti del 45enne la polizia giudiziaria ha eseguito un ordine di esecuzione per la carcerazione per una pena di 20 anni di reclusione, emesso dalla Procura Generale di Catania a seguito di sentenza passata in giudicato per il delitto di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, nonché un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura distrettuale, per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.

Il ‘paradiso’ dei latitanti

Carbone si nascondeva a Dubai, il ‘paradiso’ dei latitanti napoletani legati alla camorra. Considerato uno dei maggiori narcotrafficanti nostrani, il 45enne era irreperibile dal lontano 2003, quando sfuggì a una retata anticamorra. Un’ombra, un invisibile, uno spettro, che però secondo gli inquirenti riusciva a spostare migliaia di tonnellate di droga in tre continenti, dalla Colombia all’Europa, fino all’Asia. Colombia, Spagna e Olanda, i punti nevralgici del traffico di stupefacenti gestito da Carbone, che da ieri mattina è di nuovo in Italia. Il prossimo obiettivo di inquirenti e investigatori è scoprire la rete di fiancheggiatori che in questi diciannove anni ha favorito la sua latitanza.

Le accuse

Secondo le accuse, Carbone ha avuto per decenni il compito di rifornire di narcotici i clan Nuvoletta di Marano, Gionta e Gallo-Cavalieri di Torre Annunziata, Sautto-Ciccarelli di Caivano, e le organizzazioni criminali operanti nell’area del rione Traiano. Non solo: gli inquirenti hanno accertato rapporti di ‘collaborazione’ assidui con i Cappello-Carateddi, la mafia di Catania. Non aveva bandiere, Carbone, che in buona sostanza non operava in via esclusiva con alcuna organizzazione criminale. La sua specialità? La cocaina, quella pura, prodotta in Colombia e spedita in Europa, dove dopo lo scalo in Spagna giungeva in Olanda, per poi invadere le piazze di spaccio dell’Italia del sud. Campania, Calabria e Sicilia, le regioni inondante dalla ‘polvere bianca’ di Carbone. Che il 45enne di Giugliano vivesse a Dubai era già emerso in passato.

L’attività investigativa

L’intelligence italiana aveva appurato la presenza di sue tracce negli Emirati Arabi Uniti almeno un paio d’anni fa. Gli investigatori gli stavano addosso. Poi la cattura all’aeroporto di Dubai e le pratiche per l’estradizione. L’ultima ordinanza spiccata nei suoi confronti risale a poco più di un mese fa, il 6 ottobre, quando il suo nome è comparso nella lista dei 36 indagati per il traffico di droga internazionale con centro di smistamento al porto di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, in cui è risultato coinvolto anche l’amico e socio Raffaele Imperiale.

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