NAPOLI – I giovani contano, questo il titolo scelto per il ciclo di Agorà democratiche del Pd a cui, ieri, hanno partecipato l’ex ministro per il Sud e vicesegretario dem Giuseppe Provenzano, lo scrittore e coordinatore delle agorà Gianrico Carofiglio e il segretario del partito napoletano Marco Sarracino. Tanti gli interventi dei giovani, tra i quali Ilaria Esposito e Mariano Paolozzi, e tutti segnati da un unico comune denominatore: il desiderio di un maggiore coinvolgimento in politica. Di contorno anche qualche recriminazione rispetto al fatto che nei partiti, anche in quello democratico, ad avere la meglio sono sempre i ‘signori’ delle tessere. Tutto giusto, ma ogni forza politica per centrare l’obiettivo di governare un Comune, una Regione o il Paese, hanno bisogno di voti. E’ lapalissiano che chi ne ha di più conta di più. Lo dimostra il fatto che in Campania esiste il Pd ed esiste il governatore Vincenzo De Luca. E piaccia o meno sembra essere quest’ultimo ad avere maggiore consenso dell’intero partito. Ma adesso questo sembra essere diventato un problema di cui i vertici romani si occuperanno. Giurin giurello e mano sul cuore, parole di Enrico Letta e ieri di Provenzano. “Aprire polemiche o discussioni interne appare del tutto fuori contesto e dalla storia vista la situazione – ha detto – ma sono questioni di cui ci dobbiamo occupare e di cui mi sono sempre occupato. Non mi piace si faccia di tutto l’erba un fascio, a Napoli per esempio c’è un partito animato da una nuova classe dirigente che ha portato anche alla vittoria in città e oggi promuove una discussione importante che spero aiuti e consolidi il percorso di rinnovamento del Pd”. Sostenere che il Pd abbia portato alla vittoria di Gaetano Manfredi sembra esagerato se si considera che l’ex rettore ha vinto soprattutto grazie al risultato ottenuto dalle liste civiche, probabilmente sarebbe stato più corretto utilizzare il termine contribuire. Perché quello dei dem è stato un contributo nulla di più e anche se Sarracino ha voluto rivendicare il cambio di passo del Pd napoletano e prendere le distanze dalla fotografia di un partito diviso in due, i numeri non possono essere smentiti così come non può essere sottaciuto che a farla da padrone in Campania è De Luca. “Non accetterò mai che il Pd sia ciò che si legge – ha sostenuto – Soprattutto da un anno a questa parte le cose sono cambiate e ora è possibile fare politica senza appartenere a nessuno. Se un tempo quando entravi in una sede ti chiedevano se eri vicino a Tizio o Caio, adesso non è più così. Il partito è un luogo aperto dove tutti possono concorrere alle decisioni, soprattutto i giovani. Lo dimostra che a guidare l’alleanza su Napoli è stata una nuova classe dirigente”. Il problema resta a monte. I dem faticano a prendere posizioni nette e a decidere da che parte stare o chi possa stare dalla loro di parte. Tant’è che Provenzano che durante il suo intervento ha stilato una sorta di programma delle cose da fare in futuro, alla domanda: con chi le farete queste cose? Ha risposto diplomaticamente: “Con un insieme di forze progressiste che sono anche quelle raccolte qui. E’ il compito che ci separa da qui al 2023 in cui siamo impegnati anche se in questi giorni tutta la nostra attenzione è dedicata alla drammatica vicenda internazionale e al tentativo di percorrere un sentiero sempre più stretto, ma necessario che è quello del dialogo e della pace”. Forze progressiste è sembrato generico. La domanda successiva è stata: Tra Calenda che vi pone l’aut aut o noi o il M5S e Renzi che con i grillini non vuole avere a che fare, chi sceglierete? Si riuscirà a fare sintesi? “Noi abbiamo il dovere di guidare una coalizione progressista – la risposta di Provenzano – spetterà agli altri dire se ci vorranno stare o no”. La scelta è rimandata così come lo è la ‘riflessione’ sul Pd deluchiano.