ROMA – Sono trascorsi quasi 4 anni dall’entrata in vigore della legge 81/2014 grazie alla quale si è finalmente giunti al superamento dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario. Con la nuova disposizione il Dipartimento di Salute Mentale (Dsm) diventa titolare dei programmi terapeutico-riabilitativi, con l’obiettivo di attuare i conseguenti trattamenti nel contesto territoriale. Come più volte ribadito da Psichiatria Democratica (PD) “le Rems sono soltanto un elemento del complesso sistema di cura e riabilitazione dei pazienti psichiatrici autori di reato” e destinate a pazienti con sentenza definitiva, ma soprattutto a casi estremi, ovvero dove sono risultate vane tutte le alternative territoriali.
Psichiatria Democratica ha anche ripetuto, fino alla noia, che è fondamentale la stretta collaborazione tra Dsm e Giudici, tant’è che lo scorso anno ha presentato al Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) la sua proposta di Protocolli Operativi Vincolanti, che prevedevano tra l’altro l’istituzione di ”gruppi di lavoro misti, stabili e operativamente attivi in tutte le fasi del procedimento. Il monitoraggio del percorso e la programmazione periodica di incontri tra Magistrati e operatori della Salute mentale” . Come è noto il Csm, a compimento di un percorso in cui Psichiatria Democratica è stata autorevole interlocutrice, il 24 aprile 2017 ha diramato una risoluzione (i Protocolli Operativi) in cui si ribadisce la necessità che “i rapporti di conoscenza dell’offerta terapeutica e riabilitativa sul territorio siano saldi e costantemente aggiornati”.
Ciononostante, Psichiatria Democratica denuncia che allo stato molte sono le difficoltà e le criticità che i Servizi territoriali di Salute Mentale si trovano ad affrontare, senza che si siano costituiti i gruppi di lavoro (tra Dsm e Tribunali) disattendendo la prospettiva della risoluzione del plenum del Csm, e la lotta di PD, ovvero che “Sanità e Giustizia si parlino sempre”. Nella pratica PD, propone non solo che su tutto il territorio nazionale i Protocolli Operativi tra Aassll e Tribunali siano al più presto sottoscritti, ma che soprattutto si proceda a rendere operativi i gruppi di lavoro misti e ad avviare la formazione congiunta. Psichiatria Democratica chiede, insomma, che le importanti indicazioni contenute nella legge 81/2014 e nella Risoluzione del Csm dello scorso settembre, abbiano gambe e fiato così da poter rispondere ai bisogni dell’utenza, dei loro familiari e dell’intera collettività. La mancanza di un luogo di conoscenza e di scelte condivise rende concreto il rischio di un uso improprio del ricovero per persone che mostrano comportamenti riconducibili a una “possibile” o “presumibile” patologia psichiatrica. Psichiatria Democratica osserva con forte preoccupazione, che questo fenomeno, che se non contrastato con immediatezza da parte dei due attori in campo (Dsm e Tribunali) favorirà, immancabilmente, il ritorno a un utilizzo della psichiatria come contenitore aspecifico delle più diverse devianze, prescindendo dai principi della specificità delle problematiche psichiatriche e della territorialità delle cure. Il ricovero diventa la soluzione privilegiata nell’ipotesi, tutt’altro che dimostrata se non nelle situazioni di acuzie psicopatologica, che questo sia l’unico strumento a disposizione dei Servizi di Salute Mentale. Un’altra difficoltà che vogliamo segnalare è la mancata abrogazione dell’articolo 148 del codice penale e la conseguente riduzione della accessibilità a misure alternative.
Di fronte a ciò da molte parti giunge la richiesta di ampliare i posti in Rems, magari ponendo ad esempio Castiglione delle Stiviere, dove, in barba alla scelta della territorialità, all’Opg si è sostituito un sistema multi-modulare con ben 160 posti letto.
Psichiatria Democratica, ribadisce il suo ‘no’, forte e chiaro, a qualsivoglia forma di concentrazione neo-manicomiale e ribadisce che la via maestra resta quella indicata nei Protocolli Operativi, del lavoro costante, da costruire, giorno dopo giorno tra tutti gli attori in campo. Solo così la Salute Mentale di comunità tornerà al centro del sentire e dell’agire comune, contro tutti i fantasmi della paura dell’altro, perché, come l’esperienza dell’applicazione corretta della legge 180/78 ci insegna, inequivocabilmente: le diversità si includono e non si emarginano.