Non è tutto oro quel che luccica. A pochi giorni dal via della Coppa del Mondo in Qatar, la prima storica edizione nel mondo arabo, restano alcuni temi irrisolti in un paese dove sono ancora evidenti il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori migranti, così come la discriminazione verso la comunità Lgbtq+ e dove le donne vivono ancora in una condizione non certo di eguaglianza rispetto agli uomini. Ma d’altronde i Mondiali in Qatar hanno fatto discutere fin dal momento dell’assegnazione dodici anni fa, si è addirittura deciso di stravolgere il calendario internazionale facendo giocare il torneo in inverno per la prima volta nella storia e senza parlare delle voci di corruzione all’interno del Comitato Esecutivo della Fifa allora guidato dal discusso presidente Sepp Blatter. Un’inchiesta di France Football rivelò come l’allora presidente Nicolas Sarkozy fece pressioni su Michel Platini, all’epoca presidente della Uefa, per l’appoggio al paese mediorientale in cambio di futuri massicci investimenti dell’emirato in Francia, anche nel mondo dello sport e del calcio in particolare con l’acquisto del Paris Saint-Germain.á
Proprio la stampa internazionale, insieme alle Ong, ha avuto un ruolo importante per denunciare quando è avvenuto a Doha. Nel corso degli anni reportage e inchieste giornalistiche hanno rivelato come per rispettare i tempi di consegna degli stadi e delle infrastrutture è stato pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane, così come sono emerse le continue violazioni dei diritti umani soprattutto nei confronti dei lavoratori migranti. In questi giorni che precedono l’inizio della Coppa del Mondo i social sono già pieni di video in cui si vedono giornalisti a cui viene impedito di svolgere il loro lavoro e dall’altro lato un tentativo di dare una immagine di festa e di attesa per uno degli eventi sportivi più seguiti al Mondo. In particolare è emerso da una serie di inchieste come il Qatar stia pagando tifosi di diverse nazionali per partecipare gratuitamente alla Coppa del Mondo in cambio di post positivi sui social media. Si parla di voli pagati, alloggio, biglietti per le partite in cambio di una pubblicità positiva per il Qatar.á
Il tutto nel silenzio della Fifa e del suo presidente Gianni Infantino, che meno di un mese fa ha invitato con una lettera alle Federazioni ad evitare strumentalizzazioni. “Concentriamoci sul calcio”, ha scritto il numero 1 del calcio Mondiale che teme proteste e prese di posizioni da parte delle 32 nazionali che prenderanno parte al torneo. Nei mesi scorsi nazionali come Inghilterra, Germania, Olanda e Francia (anche se Lloris potrebbe non farlo) hanno annunciato che faranno indossare durante il torneo in Qatar una fascia di capitano su cui sarà presente il disegno della campagna ‘One Love’, che riprende (con alcune differenze anche cromatiche) la bandiera arcobaleno simbolo della lotta Lgbtq+. Alla Danimarca è stato impedito di indossare una maglia di allenamento con un messaggio a favore del rispetto dei diritti umani. I calciatori saranno senza famiglie al seguito per evitare di “contribuire ai profitti del Qatar”. La Federazione australiana (Ffa) ha pubblicato su tutti i suoi canali social un video di protesta contro le politiche di gestione dei lavoratori del paese del Golfo Persico e soprattutto contro la legge che vede l’omosessualità come un reato punibile.
“La lezione che può dare questa coppa del Mondo in Qatar è che servono criteri diversi e più stringenti per l’assegnazione di grandi aventi sportivi per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e la lotta ad ogni forma di discriminazione”, ha detto a LaPresse Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia. “E’ secondo noi una occasione sprecata, perché l’idea che il Mondiale si giochi per la prima volta in un paese arabo è una cosa impostante ma la Fifa sapeva benissimo le problematiche che ci sono. Aldilà delle dichiarazioni di circostanza – aggiunge – c’è un chiaro problema di mancato rispetto della libertà di stampa, di discriminazione verso le comunità LGBTQ+ e di mancata eguaglianza per quanto riguarda le donne”. “Se qualche atleta prenderà posizione sarà importante, ogni gesto pubblico, ogni parola può essere utile per sottolineare l’importanza di questi temi”, prosegue Noury.
Uno dei temi maggiormente dibattuto è quello relativo alle migliaia di lavoratori migranti morti nei cantieri per la costruzione sia degli stadi che di altre infrastrutture legate ai Mondiali, un dramma sempre negato dal governo locale. “Il numero esatto dei lavoratori morti non lo sapremo mai, la stima del Guardian di 6500 è spaventosa e potrebbe anche essere incompleta perché riguarda lavoratori che arrivano solo da 5 paesi. Questa minimizzazione è ridicola, noi abbiamo alla Fifa chiesto di istituire un fondo di 440 milioni per le famiglie dei migranti morti”, ricorda Noury. Una richiesta al momento non raccolta dal massimo organo di governo del calcio Mondiale. “Siamo preoccupati perché 12 anni (dall’assegnazione, ndr) sono trascorsi invano e questo Mondiale rischia di lasciare una eredità in negativa, alla fine ha prevalso l’ aspetto economico con il trionfo dello sportwashing”, conclude Noury.
Di Antonio Martelli