Quirinale, pressing Salvini su Draghi a Chigi: “Io mi sforzo di stare con il Pd e lui va via?”

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse Nella foto: il leader della Lega Matteo Salvini

ROMAMario Draghi resti a palazzo Chigi. Da Palermo, per il processo sul caso Open Arms, Matteo Salvini prende di petto la partita del Quirinale e va in pressing sul presidente del Consiglio. “Io faccio lo sforzo di stare” al governo “con il Pd e Draghi se ne va? Abbiamo prolungato lo stato d’emergenza fino al 31 marzo e lui a gennaio se ne va?”, afferma il leader della Lega, per la prima volta esplicito sull’eventualità che il premier traslochi al Colle.

Il ragionamento del segretario è semplice: dopo aver ricordato più volte il ‘sacrificio’ fatto nello stare fianco a fianco a dem e M5S nell’esecutivo di unità nazionale e aver ingoiato non pochi bocconi amari, non è pensabile che il premier saluti tutti per prendere il posto di Sergio Mattarella. Anche perché spostare una pedina, e che pedina, nello scacchiere potrebbe comportare una reazione a catena.

Senza Draghi a fare da collante, infatti, diverrebbe concreto uno sfaldamento generale. Insomma, come sottolineato dalla rivista inglese ‘Economist’, se l’ex numero uno della Bce dovesse lasciare il suo posto per diventare capo dello Stato l’Italia rischierebbe di mettere in pericolo la sua stabilità. Non il massimo in un momento in cui bisogna fare i conti con la nuova variante Omicron e con l’attuazione del Pnrr.

Quella di Salvini è comunque la stessa posizione già assunta pubblicamente da altri partiti di maggioranza. Pd, M5S e Forza Italia si sono espressi in favore della continuità. Antonio Tajani, ad esempio, sono settimane che afferma che Draghi deve completare il lavoro intrapreso a Chigi. Convinzione certo legata a doppio filo alla speranza di vedere Silvio Berlusconi salire al Colle. Il Cav, ricorda il coordinatore nazionale di FI, “non ha sciolto la sua riserva, non ha mai detto di voler essere candidato” ma “sarebbe un ottimo presidente della Repubblica. In questa fase Berlusconi si è dimostrato assolutamente un uomo di Stato”.

Difficile, se non impossibile, trovare però una convergenza con Pd e M5S sul nome di Berlusconi. Nonostante questo Salvini rilancia il tavolo per “decidere presto, bene e, se non tutti insieme, a larga maggioranza, senza escludere nessuno” e “a differenza di Letta che dice ‘Va bene tutti però Berlusconi no’ io mi siedo e ascolto tutti. E perché Berlusconi no? Se avesse i numeri…”.

Praticamente immediata la replica del Movimento per bocca del presidente della commissione Giustizia della Camera, Mario Perantoni: “È inutile che si parli di consenso largo per il Quirinale se la destra continua a tirare in ballo Berlusconi. Salvini si chiede: perché no Berlusconi? Questa non è una domanda ma una provocazione che respingiamo al mittente”. Candidati in campo e numeri reali si conosceranno con certezza solo quando si esprimerà il Parlamento riunito in seduta comune.

La data cerchiata in rosso potrebbe essere quella di lunedì 24 gennaio. Prima, molto prima, Salvini vorrebbe trovarsi con gli altri segretari per vedere quali sono le carte in tavola. “Tutti mi hanno chiesto di attendere l’approvazione della manovra – ricorda il leader della Lega -. Per me ci si potrebbe trovare anche prima della fine dell’anno per ragionare dei criteri”. Un invito destinato tuttavia a cadere nel vuoto poiché nessuno ha intenzione di anticipare la discussione.

“È molto presto per impegnarsi in un confronto sul Quirinale – taglia corto Tajani -. Credo che concretamente se ne parlerà a inizio gennaio”. Dopo il via libera alla legge di bilancio quindi, ma soprattutto dopo la conferenza di fine anno all’Auditorium Antonianum di Mario Draghi. Appuntamento in cui tutti sperano cessi il silenzio del presidente del Consiglio sul tema Quirinale.

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