MILANO – Cattive notizie in arrivo per i contribuenti italiani: Pil in frenata. Difatti, rispetto alle previsioni elaborate dai principali istituti economici qualche mese fa, già da quest’anno, infatti, la pressione fiscale sui contribuenti italiani è destinata a crescere”. Lo sostiene una ricerca dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre.
La conferma
Bisognerà attendere la pubblicazione della nota di aggiornamento al Def prevista entro il prossimo 27 settembre. “In effetti – ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – a seguito del rallentamento del Pil, è molto probabile che nel 2018 la pressione fiscale sarà superiore al 42,2 per cento previsto a inizio anno. Se dovesse tornare a salire addirittura oltre il risultato conseguito nel 2017, invertiremmo la tendenza. Trend che era iniziato nel biennio 2012-2013, anni in cui la pressione fiscale nazionale aveva toccatoil record storico del 43,6 per cento”.
Aumento dell’Irpef
Tra le imposte che gravano maggiormente sui contribuenti italiani ricordiamo quelle sul reddito (Irpef e addizionali comunali/regionali Irpef). Tasse che alleggeriscono le tasche delle persone fisiche (lavoratori autonomi, lavoratori dipendenti, pensionati, etc.) per circa 186,5 miliardi di euro all’anno.
Brutte notizie anche per le società di capitali
Anche le Spa, Srl, etc. sono sottoposte ad un prelievo sul reddito (Ires) significativo che vale circa 34 miliardi di euro all’anno. “Per ridurre strutturalmente le tasse dobbiamo in misura corrispondente tagliare la spesa pubblica improduttiva – ha rilevato il segretario della Cgia Renato Mason – e nonostante gli effetti della spending review siano stati inferiori alle attese, il carico fiscale complessivo ha iniziato a scendere. Certo, se da qualche anno avessimo abbracciato la strada del federalismo fiscale, molto probabilmente la contrazione sarebbe stata maggiore.
Gli altri paesi europei
Le esperienze europee, infatti, ci dicono che gli stati federali, come la Germania e la Spagna, hanno una spesa pubblica nettamente inferiore ai paesi unitari e una qualità-quantità dei servizi offerti ai cittadini molto superiore a quella degli altri.