Rapporto Amnesty sulla pena di morte: esecuzioni calate di un terzo nel 2018

Nel 2018 il numero più basso di esecuzioni in almeno un decennio, con una diminuzione di quasi un terzo rispetto all'anno precedente

(AP Photo/Pat Sullivan)

MILANO – Il 2018 ha un record positivo: il numero più basso di esecuzioni in almeno un decennio, con una diminuzione di quasi un terzo rispetto all’anno precedente. Lo rileva il rapporto globale sulla pena di morte di Amnesty Internetional, prendendo in esame le esecuzioni in tutto il mondo con l’eccezione della Cina.

Dopo la modifica alla legislazione contro la droga, in Iran – dove comunque l’uso della pena di morte resta elevato – le esecuzioni sono diminuite del 50 per cento. Registrata una significativa riduzione delle esecuzioni anche in Iraq, Pakistan e Somalia. Di conseguenza, il numero delle esecuzioni verificate a livello globale è calato da almeno 993 nel 2017 ad almeno 690 nel 2018.

“La drastica diminuzione delle esecuzioni dimostra che persino gli stati più riluttanti stanno iniziando a cambiare idea. E a rendersi conto che la pena di morte non è la risposta”, ha dichiarato Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International. “Nonostante passi indietro da parte di alcuni stati, il numero delle esecuzioni portate a termine da parecchi dei più accaniti utilizzatori della pena di morte è significativamente diminuito. Si tratta di un’auspicabile indizio che sarà solo questione di tempo. E poi questa crudele punizione sarà consegnata alla storia, dove deve appartenere”, ha aggiunto Naidoo.

RIPRISTINO DELLA PENA DI MORTE. Nel rapporto di Amnesty International non ci sono, però, solo buone notizie. Le esecuzioni sono aumentate in Bielorussia, Giappone, Singapore, Sud Sudan e Usa. La Thailandia ha eseguito la prima condanna a morte dal 2009. Mentre il presidente dello Sri Lanka ha annunciato la ripresa delle esecuzioni dopo oltre 40 anni, pubblicando un bando per l’assunzione dei boia. “Le notizie positive del 2018 sono state rovinate da un piccolo numero di stati che è vergognosamente determinato ad andare controcorrente”, ha sottolineato Naidoo.

“Giappone, Singapore e Sud Sudan hanno fatto registrare un livello di esecuzioni che non si vedeva da anni. E la Thailandia ha ripreso a eseguire condanne a morte dopo quasi un decennio. Ma questi stati ora costituiscono una minoranza in calo. A tutti gli stati che ancora ricorrono alla pena di morte, lancio la sfida. Siate coraggiosi e poniate fine a questa abominevole sanzione”, ha proseguito Naidoo.

IN TESTA ALLA CLASSIFICA. Nel 2018 la Cina è rimasta al primo posto per numero di esecuzioni. Anche se il livello effettivo dell’uso della pena di morte è ignoto poiché i dati sono considerati un segreto di Stato. Amnesty International ritiene che migliaia di persone siano condannate alla pena capitale e messe a morte ogni anno. Con una decisione senza precedenti, invece, le autorità del Vietnam hanno reso noti i dati sulla pena di morte. Nel 2018 le esecuzioni sono state 85. I primi cinque stati per numero di esecuzioni sono stati dunque la Cina (migliaia), l’Iran (almeno 253), l’Arabia Saudita (149), il Vietnam (85) e l’Iraq (almeno 52). Nonostante un significativo calo, l’Iran è stato ancora responsabile di oltre un terzo delle esecuzioni registrate nel mondo.

Amnesty International si è inoltre “preoccupata per il notevole aumento delle condanne a morte emesse in alcuni stati nel corso del 2018”. In Iraq il numero è quadruplicato da almeno 65 nel 2017 ad almeno 271 nel 2018. In Egitto il totale è cresciuto di oltre il 75 per cento, da almeno 402 nel 2017 ad almeno 717 nel 2018. A causa dell’attitudine delle autorità egiziane di emettere condanne a morte in massa al termine di processi gravemente iniqui, basati su “confessioni” estorte con la tortura e nel corso di interrogatori di polizia irregolari.

LA TENDENZA VERSO L’ABOLIZIONE. Complessivamente i dati del 2018 mostrano che la pena di morte è stabilmente in declino. E che in varie parti del mondo nascono iniziative per porle fine. Ad esempio, a giugno il Burkina Faso ha adottato un nuovo codice penale abolizionista. Rispettivamente a febbraio e a luglio, Gambia e Malaysia hanno annunciato una moratoria ufficiale sulle esecuzioni. Negli Usa, a ottobre, la legge sulla pena di morte dello stato di Washington è stata dichiarata incostituzionale. A dicembre, nel corso dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, 121 stati (un numero senza precedenti) hanno votato a favore di una moratoria globale sulla pena di morte, cui si sono opposti solo 35 stati. Alla fine del 2018 142 stati avevano abolito la pena di morte per legge o nella prassi. Di questi, 106 erano abolizionisti totali.

(LaPresse)

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