ROMA – Dieci proposte per migliorare il reddito di cittadinanza. E’ il risultato del lavoro del comitato scientificato guidato da Chiara Saraceno, secondo cui lo strumento “presenta alcune criticità”. Criticità non risolte dalla manovra che non riforma il reddito ma ha “semplicemente irrigidito un po’ i controlli e le condizioni di accesso”. Non è tutto lì però il problema, perché “solo il 30 percento di quelli che sono stati presi in carico sono stati effettivamente profilati per la ricerca di lavoro quindi prima di dire che hanno rifiutato le offerte stiamo cauti”.
La prima proposta del Comitato è quella di non discriminare i cittadini stranieri. “Per ricevere il Reddito di Cittadinanza sono oggi necessari 10 anni di residenza in Italia, di cui gli ultimi 2 continuativi”, si sottolinea. Un limite “altissimo, nessun Paese ce l’ha così alto- evidenzia Saraceno – Aspettare così tanto a sostenere una famiglia in povertà significa lasciare molti in un percorso di esclusione quasi irreversibile. Il contrasto alla povertà deve agire tempestivamente, non quando è troppo tardi”. Si propone dunque di ridurre da dieci a cinque anni il requisito di residenza per gli stranieri per l’accesso al reddito di cittadinanza, con un costo di circa 300 milioni di euro in più portando dentro circa 68mila famiglie.
La seconda proposta è quella di rivedere la scala di equivalenza, riducendo la soglia di partenza per i nuclei di una persona da 6000 a 5400 euro; equiparando, nella scala di equivalenza, i minorenni agli adulti, attribuendo a tutti, dal secondo componente la famiglia in su, il coefficiente 0,4; portare il valore massimo della scala di equivalenza a 2,8 (2,9 in presenza di persone con disabilità); in caso di decadenza dal diritto al beneficio a causa di non ottemperanza agli obblighi da parte di un componente della famiglia, la decadenza valga solo per questi, quindi per la sua quota, non per l’intero nucleo. ” “Ci sono dei problemi nella scala di equivalenza, uno è legato all’Isee, l’altro è legato alla famiglia come il fatto che un minorenne vale la metà di un adulto, ciò va a sfavore dei minorenni: la nostra proposta è di equiparare adulti e minorenni e alzare il coefficiente da 2,1 a 2,8 abbassando l’importo minimo da 500 a 400 euro, quindi con una redistribuzione interna. Oggi il calcolo è più favorevole a famiglie piccole e di adulti. L’assegno unico potrebbe impattare su questo discorso ma va cambiato innanzitutto il meccanismo di accesso”.
Ancora, si propone di differenziare il contributo per l’affitto in base alla dimensione del nucleo familiare, riducendolo per i nuclei di una sola persona e incrementandolo progressivamente al crescere del numero dei componenti e di considerare, nella determinazione del reddito ai fini del calcolo dell’importo del Rdc, per chi inizia a lavorare o è già occupato, il reddito da lavoro solo per il 60%, senza limiti di tempo, ma fino a quando viene raggiunto il reddito esente da imposizione fiscale. E ancora considerare il patrimonio mobiliare come una delle tre fonti -insieme a reddito familiare e RdC – che, in quanto liquidabile, contribuisce a determinare la capacità di spesa (potere di acquisto) di una famiglia; eliminare l’obbligo di dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro per chi è indirizzato ai servizi sociali; ridefinire i criteri di ‘lavoro congruo’ per stimolare l’accesso all’occupazione; promuovere le assunzioni dei percettori di rdc con incentivi ai datori di lavoro; rafforzare i patti per l’inclusione e l’attuazione dei progetti di utilità collettiva e superare le distorsioni con l’abolizione dell’obbligo di spendere tutto il contributo entro una scadenza predefinita e ridurre i vincoli sull’utilizzo.
Il lavoro della commissione scientifica sul reddito di cittadinanza “è una base da cui il Parlamento può partire per eventuali integrazioni”, sottolinea il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, “£verrà sottoposto a confronto con le altre forze politiche e valuteremo quali sono le proposte che possono marciare in modo più fluido e altre che possono essere divisive e verranno rimesse al parlamento”.
Di Antonella Scutiero