NAPOLI – Arriva da Roma un bel regalo di Natale per i politici locali. La manovra firmata dal governo Draghi ha deciso di aumentare in maniera significativa lo stipendio degli amministratori locali, sindaci, assessori e presidenti del Consiglio, in particolare, ma i partiti con gli emendamenti aprono ancora di più i cordoni della borsa dello Stato per migliorare lo stipendio anche degli altri amministratori locali. Andiamo con ordine. Nel testo della finanziaria, Palazzo Chigi ha equiparato l’indennità di funzione dei sindaci a quella dei presidenti delle Regioni al 100% per i leader delle città metropolitane, dell’80% capoluogo superiori ai 100mila abitanti e a scendere fino al 16% dello stipendio dei governatori per i sindaci di comuni fino a 3mila abitanti. L’aumento comincia, con percentuali inferiori già da quest’anno, un bel regalo soprattutto per chi è stato appena eletto. Le indennità sono state adeguate allo stesso modo anche per vicesindaci, assessori e presidenti dei consigli comunali. Per garantire la copertura di questo adeguamento, il governo ha incrementato il fondo destinato agli amministratori locali di 100 milioni per il 2022, di 150 per il 2023 e di 220 per il 2024. Una spesa aggiuntiva di 470 milioni in tre anni che finisce nelle tasche degli amministratori pubblici di tutta Italia. Ma, rilevano i parlamentari, Draghi non ha pensato davvero a tutti. E i partiti non vogliono non lasciare nessuno dei loro indietro. Così in commissione al Senato è spuntato un emendamento firmato di democrat Comincini, Marilotti, Biti, Malpezzi, Mirabelli, Parrini e Astorre, che alza il tiro. Con il testo ammesso alla discussione dagli esponenti di Palazzo Madama, viene data facoltà ai comuni con popolazione superiore ai 500mila abitanti di “riconoscere ai consiglieri comunali un aumento dell’importo del gettone di presenza per la partecipazione ai consigli fino alla stessa misura percentuale dell’incremento dell’indennità spettante al sindaco”.
Nel caso di Napoli, per esempio, è un aumento che arriverà fino al 100%. Un altro emendamento, a firma Augustori, Ferrero, Testor e Tosato (tutti della Lega), invece, mira ad aumentare di qualche punto percentuale l’adeguamento degli stipendi per gli amministratori dei piccoli comuni e a portare la spesa pubblica da sostenere a 110 milioni per il 2022, a 165 per il 2023 e a 245 per il 2025, portando il totale a 520. Basta così? Macché. Un terzo emendamento a firma Parrini (Pd), Vitali (Udc), De Petris (Leu), Valente (Pd), Grimani (Misto), per altro sindaco e consigliere provinciale in Umbria), Bessa (Gruppo per le autonomie), Comincini (Pd) e Augussori (Lega), oltre a ritoccare lo stipendio per i sindaci dei comuni piccoli, propone di estendere l’adeguamento ai presidenti e agli assessori delle unioni dei comuni, di dare la possibilità ai comuni che hanno delle circoscrizioni di decentramento (come le Municipalità) di adeguare proporzionalmente le indennità dei componenti degli organismi di prossimità e di eliminare la riduzione (del 10%) introdotta nel 2005 al gettone di presenza dei consiglieri comunali, provinciali e circoscrizionali. Naturalmente per farlo servono più soldi ed ecco che le somme diventano di 124 milioni per il 2022, di 181 milioni per il 2023 e di 263 milioni per il 2024. Totale: 568 milioni, quasi 100 in più rispetto alla manovra di Draghi. Dulcis in fundo, questo emendamento propone di garantire permessi lavorativi per 24 ore al mese, garantiti a una vasta pluralità di eletti, anche ai consiglieri provinciali. Tutto firmato da esponenti di Pd-Leu e Lega: una mossa trasversale. Le ormai ‘vecchie’ forze antisistema che gridavano allo scandalo della ‘casta’ sono rimaste in silenzio. Il Parlamento punta a migliorare le condizioni di lavoro di migliaia di amministratori che guadagnano somme basse a fronte di grandi responsabilità. Certo, a tanti farà rabbia leggere questo emendamento mentre in Campania aumenta l’Irpef e ci sono altre stangate da sostenere per i cittadini. Nel fine settimana l’ultima parola del Senato.