ROMA – Sono passati sei anni dall’omicidio di Giulio Regeni. Il corpo martoriato del ricercatore friulano venne ritrovato il 3 febbraio del 2016, nove giorni dopo il suo sequestro: un cadavere irriconoscibile per le torture subite, abbandonato nei pressi della strada che collega Il Cairo ad Alessandria.
Dopo anni di false piste e bugie da parte dell’Egitto, la procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di quattro 007 egiziani. Ma il processo potrebbe non compiersi, perché Il Cairo si rifiuta di fornire le informazioni necessarie per l’elezione di domicilio degli imputati, bloccando, di fatto, il procedimento.
L’11 aprile è fissata una nuova udienza preliminare sulla vicenda, dopo che il gup ha chiesto ricerche più accurate per arrivare agli imputati, e al governo di attivarsi con l’Egitto.
I quattro agenti coinvolti nel procedimento sono Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Sono accusati di sequestro di persona, mentre Abdelal Sharif risponde anche di lesioni e concorso nell’omicidio del ricercatore friulano ucciso nel 2016 a Il Cairo.
Giulio venne rapito la sera del 25 gennaio 2016. Nelle prime settimane dopo il ritrovamento del corpo, tante false piste si susseguirono: prima si parlò di un incidente stradale, poi di una rapina finita male, successivamente si insinuò che il giovane fosse stato ucciso perché ritenuto una spia, poi che fosse finito in un giro di spaccio di droga, di festini gay, di malaffare che l’aveva portato a farsi dei nemici. A un mese dalla morte di Giulio alcuni testimoniarono di averlo visto litigare con un vicino che gli aveva giurato morte.
Il 24 marzo del 2016 arrivò l’ennesima ricostruzione non credibile e questa volta c’erano di mezzo cinque morti: criminali comuni uccisi in una sparatoria con ufficiali della National Security egiziana, alla periferia del Cairo. I documenti di Giulio furono trovati quello stesso giorno in casa della sorella del capo della presunta banda e si disse che i cinque erano legati alla morte del giovane.
Dalle indagini italiane emerse che il ricercatore era attenzionato da polizia e servizi segreti già settimane prima del rapimento. Le analisi sui tabulati misero in luce i numerosi contatti telefonici tra gli agenti che si erano occupati di tenere sotto controllo Giulio tra dicembre 2015 e gennaio 2016, e gli ufficiali dei servizi segreti coinvolti nella sparatoria con la presunta banda di criminali uccisi nel marzo 2016 a cui gli egiziani provarono ad attribuire l’omicidio.
Chi indaga a piazzale Clodio è convinto che Giulio sia stato torturato e ucciso dopo esser stato segnalato come spia alla National Security dal sindacalista degli ambulanti, Mohammed Abdallah, con il quale era entrato in contatto per i suoi studi.
(LaPresse)