Regionali, ancora sei giorni alle urne ma il futuro non lo racconta nessuno

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NAPOLI – Ancora cinque giorni di campagna elettorale, poi calerà il silenzio. Ci sarà la pausa della riflessione, quella in cui si spegne il rumore dei comizi e rimangono solo le idee, se davvero ne sono state messe in circolazione. In Campania la sfida formale è tra sei
aspiranti governatori, ma quella reale vede contrapposti soprattutto il pentastellato Roberto Fico, alla guida del centrosinistra che comprende l’uscente Vincenzo De Luca, ed Edmondo Cirielli, esponente di Fratelli d’Italia, viceministro degli Esteri e oggi volto del centrodestra
regionale. A correre ci sono anche gli indipendenti Nicola Campanile, Giuliano Granato, Carlo Arnese e l’outsider più anomalo, Stefano Bandecchi, che prova a esportare oltre l’Umbria (è sindaco di Terni) la propria formula politica.

Eppure, osservando l’andamento di queste settimane, il confronto tra i due principali contendenti ha finito col trasformarsi più in una gara di costruzione delle liste che in uno spazio reale di proposta. Le energie non sono state concentrate sul delineare la Campania dei prossimi cinque anni, ma sull’assicurarsi un mosaico di candidature ritenute utili a drenare voti nelle varie province. Si è così assistito a una selezione in cui il criterio non è sembrato essere la coerenza culturale o la convergenza programmatica, ma la capacità di raccogliere consenso, anche a costo di accogliere chi fino a ieri militava nel campo opposto. Il risultato è una geografia di coalizioni eterogenee, dentro le quali convivono sensibilità e percorsi che fino a poco tempo fa non solo non dialogavano, ma rivendicavano differenze profonde.

Tutto questo avviene mentre la Campania avrebbe bisogno di ben altro: di un confronto serio su ciò che non funziona e su ciò che potrebbe
funzionare; di una discussione coraggiosa sulla sanità, ancora segnata da ritardi e sfiducia; sull’ambiente, che porta sulle spalle ferite mai
rimarginate e bonifiche rima- ste troppo a lungo promesse; sulla condizione dei giovani, che nella maggior parte dei casi vedono il proprio futuro lontano da qui; sulla capacità amministrativa degli enti locali, spesso indeboliti da contenziosi, bilanci difficili e carenze di personale; sul trasporto pubblico interno, che crea vere e proprie isole sociali nel cuore delle province; sul welfare, chiamato sempre più a fronteggiare solitudini, povertà silenziose e nuove fragilità urbane; sul turismo, che dispone di un patrimonio enorme ma sconta l’assenza di una strategia unitaria.

Chiariamo: non servono enunciazioni di principio, ma un’assunzione di responsabilità politica e amministrativa. Ad oggi, però, di tutto questo
arrivano soltanto frammenti, accenni e qualche slogan: non si intravede ancora una visione capace di indicare una direzione. Si ha la sensazione che la priorità non sia raccontare come si intende governare, ma come si intende vincere. E mentre questo accade, una parte dell’elettorato si allontana per disincanto o rassegnazione, e chi invece vorrebbe ascoltare, capire, valutare, non trova un terreno in cui il merito torni ad essere la materia del confronto. La campagna elettorale prosegue. La domanda, però, resta sospesa: la Campania
del prossimo mandato sarà il risultato di una visione o di una somma di voti?

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