ROMA – L’ex premier Matteo Renzi ‘en merche’ (in movimento), prova a darsi un tono internazionale e dopo aver portato ai minimi storici il Pd punta a ‘rottamare’ i populisti e ad arrestare l’avanzata dei populismi in Europa. Ma in politica cambiando gli addendi il risultato cambia? L’intento del leader dem, ormai in decadenza, è quello di ritagliarsi un ruolo chiave tra i progressisti europei.
L’incontro tra Renzi e Castaner
Ieri l’incontro tra il senatore di Scandicci e Christophe Castaner, delegato generale di En Marche, durante il quale si è discusso della rinascita dell’Ue e della battaglia per arginare la deriva populista e nazionalista. La campagna elettorale per le prossime elezioni europee è iniziata e stando ai due “i progressisti europei devono lavorare insieme per le prossime sfide politiche”.
Alla ricerca della credibilità perduta
L’ex premier sta facendo di tutto per accreditarsi agli occhi dei ‘big’ europei. Peccato che il suo impegno non sia lo stesso quando si tratta del Pd. Era inevitabile che personalizzando il partito, questo avrebbe vissuto le stesse sorti del suo ‘reuccio’. La parabola discendente di Renzi è la stessa che sta seguendo il Pd. Con la differenza che il fiorentino sta tentando di rimettersi ‘en marche’ il partito no. Dalla batosta elettorale del 4 marzo il Pd non è pervenuto. Neanche sulla questione migranti i dem riescono a essere incisivi e si limitano al chiacchiericcio più che alla riflessione seria.
L’inconsistenza dei piddini
Parte dei dem non vedevano l’ora di sbarazzarsi della presenza ingombrante di Renzi, eppure, adesso che l’ex segretario si dedica ad altre ‘avventure’ il partito non esiste. Martina, Orlando, Emiliano, Franceschini poco carisma e troppa filosofia. Pensare al rilancio del Pd in queste condizioni è impossibile. A nulla valgono gli appelli, ultimo quello del sindaco di Milano Giuseppe Sala, a tornare nelle piazze e a intervenire per evitare la morte certa del partito. Se Renzi ‘non esiste’ idem i dem.