SAPPADA – A un certo punto, quando le telecamere hanno impietosamente inquadrato Fabio Aru letteralmente piantato in salita, la prima reazione è stata di stupore: “Ma davvero è lui? No, non può essere”. Una debacle, quella del Cavaliere dei Quattro Mori, inimmaginabile anche nei più cupi incubi dei suoi tifosi. Quello che invece ha fatto bene è stato l’affetto, la cura, quasi la protezione dei suoi compagni di squadra che lo hanno assistito, rincuorato e risollevato quando i pensieri neri stavano per avere il sopravvento su di lui. La dimostrazione che Fabio non è isolato all’interno della formazione della UEA Emirates come qualcuno nei giorni scorsi ha voluto far intendere. Ma una analisi della situazione va fatta. E subito. E’ chiaro che Aru sta male. Qualcuno ha addirittura paventato un ritiro del corridore sardo dalla corsa rosa. Quello che resta da capire è se la giornata nerissima sia stata la conseguenza di un problema fisico oppure addebitabile a un fattore mentale, psicologico. C’è anche chi parla di atleta sopravvalutato. No, non è così. Non si vince una grande giro (la Vuelta), non si arriva due volte sul podio al Giro d’Italia, non ci si classifica quinto al Tour de France se non si è atleta di vaglia, un corridore che può stare tranquillamente nella top ten dei migliori atleti nelle corse a tappe. L’abbiamo scritto ieri e lo ripetiamo oggi: Fabio Aru rappresenta un patrimonio dell’intero sport italiano e non soltanto del ciclismo. Un atleta che ha bisogno di ricostruirsi, che ha bisogno di essere aiutato. Sono ancora tante le soddisfazione che saprà dare ai suoi tifosi e a tutti gli appassionati di ciclismo. I messaggi che, in corsa, gli hanno mandato i suoi compagni di squadra sono sicuramente incoraggianti. Ma non basta. Ora serve l’aiuto di tutti. Soprattutto dei suoi tifosi. Salvate il soldato Aru!