ROMA – Davanti alle telecamere continuano a dire che i loro rapporti sono distesi e che l’intesa è più forte che mai. Ma Salvini, Di Maio e Conte cominciano a non convincere più. I due vicepremier e il presidente del Consiglio, apparsi alla cerimonia per il 167esimo anniversario della Polizia, si sono ignorati in un clima gelido.
Il mantra di Salvini: “Rivedere le scorte”
Il ministro dell’Interno batte il ferro finché è caldo. I sondaggi hanno dimostrato ancora una volta il calo di voti del Movimento 5 Stelle e, all’inverso, il rinforzarsi della Lega, che invece guadagna elettori. E nel suo momento d’oro, Salvini torna a ripetere come un mantra il suo solito slogan poliziesco.
“La Polizia non fa da autista né da accompagnatore personale, le scorte vanno riviste“. Il leader del Carroccio torna a parlare di quei presunti “personaggi”, come li chiama lui prendendoli anche un po’ in giro, i quali hanno la scorta ma, secondo lui, “non corrono alcun rischio“. Ecco perché queste scorte “possono tranquillamente essere eliminate, per restituire poliziotti carabinieri al loro lavoro, che non è fare il cameriere di nessuno“. Con una retorica da prima elementare, Salvini continua a difendere i poliziotti come fossero la categoria più debole d’Italia. E per farli sentire meno soli, anche in questa occasione il vicepremier si veste come loro, indossando la giacca della Polizia.
Conte fa da pompiere, Di Maio nell’ombra mal sopporta l’emorragia di voti del M5S
Chi continua a voler conservare a tutti i costi la facciata di unione fraterna nel governo è, naturalmente, Giuseppe Conte, messo lì a posta per fare l’ago della bilancia tra due vicepremier altrimenti inconciliabili. Il premier, dopo gli scontri tra Salvini e Di Maio sulla flat tax dei giorni passati, ha provato a portare un po’ di pace invitandoli a pranzo. Con la crescita dell’Italia bloccata allo 0,1% e l’Europa che guarda all’Italia come un pericolo per l’economia dell’Eurozona, l’ultima cosa di cui il Paese sembra aver bisogno sono gli screzi tra il ministro dell’Interno e quello del Lavoro. Quest’ultimo resta per ora nell’ombra, mal sopportando l’esibizionismo del collega di governo, e cercando disperatamente di limitare il più possibile dichiarazioni al vetriolo contro Salvini. La guerra prosegue silenziosa. Il pranzo, però, a detta dei tre commensali, è andato benissimo.