ROMA – Non si può più sedere a fianco di Giuseppe Conte, deve osservarlo da lontano. Ma la tensione non cambia, è la stessa del 20 agosto. Matteo Salvini, ormai ex ministro dell’Interno, senatore semplice, interviene dagli scranni della Lega come un fiume in piena. Il bersaglio è il capo dell’esecutivo M5S-Pd: viene etichettato come “Conte-Monti”, poi “l’uomo che sussurrava alla Merkel”, e “inchiodato alla poltrona come le vecchie mummie della Prima Repubblica”.
Salvini è rabbioso
“Non la invidio – continua, indicando la sedia riservata al capo di governo – quella poltrona su cui siede è figlia della slealtà, io non riuscirei ad occuparla nemmeno per un quarto d’ora”. Certo, il Capitano è meno duro con chi ha preso il suo posto al Viminale, Luciana Lamorgese: “Sono assolutamente a disposizione del nuovo ministro dell’Interno, può contare sulla mia leale collaborazione”, ma l’augurio è che l’ex prefetto di Milano, scelta proprio per il suo profilo tecnico, “non si pieghi ai ricattucci della sinistra cancellando i decreti, sicurezza perché farebbe il male di questo Paese”.
Conte non vorrebbe che si continuasse a parlare di migranti, di porti aperti o chiusi. Ma il Carroccio punterà su questo tema, così come sulla narrativa sul tradimento della volontà popolare, con una maggioranza giallo-rossa aiutata da senatori e LeU in un “fritto misto”.
Palazzo Chigi viene quindi dipinto come sede di un “patto col diavolo, con Macron e Merkel”, attacca Salvini, che sulla nomina di Paolo Gentiloni a Bruxelles dice: “Tutto potrà fare l’ex premier, tranne che il bene dell’Italia: oltretutto, sarà controllato dal noto falco Dombrovskis”. Rivolto al Pd e ai pentastellati, lancia un avvertimento: “Se avete svenduto l’interesse nazionale per qualche poltrona, vi hanno rifilato una sola”.
Adesso M5S e Pd si presenteranno alleati alle Regionali? “Ma magari, così sarebbe ancora più chiaro l’inciucio”, risponde il Capitano, ospite di ‘Porta a Porta’. Ad ogni modo, Salvini sa bene che la nascita dell’esecutivo giallo-rosso è conseguenza della crisi che lui ha voluto.
“Abbiamo sottovalutato la fame di poltrone”, si rammarica l’ex ministro. “Ho peccato di buona fede – spiega nel salotto di Bruno Vespa -. Conte aveva sempre detto ‘non vado al governo con una maggioranza diversa da quella di M5S-Lega’, e che si sarebbe andati al voto. Ma il profumo di poltrone, evidentemente, è molto più appetitoso per alcuni”. (LaPresse)