San Cipriano d’Aversa, delitto Lubrano: condannato Martinelli

Erano arrivati allo scontro, a fare morti. Da un lato la cosca Ligato-Lubrano, dall’altro il clan dei Casalesi: i due gruppi mafiosi si contendevano il predominio sulle estorsioni nell’Agro caleno. E in questa guerra perse la vita Raffaele Lubrano, detto Lello, figlio del boss Vincenzo di Pignataro Maggiore. Un delitto, avvenuto il 14 novembre 2002, voluto dai vertici della mafia dell’Agro aversano. Un delitto che serviva anche a vendicare un’altra morte, quella del fratello dell’affiliato sancirpianese Enrico. E a 22 anni dal giorno dell’agguato, soltanto poche settimane fa è arrivata la sentenza per uno dei soggetti che presero parte all’assassinio: si tratta proprio di Enrico Martinelli. In primo grado lo storico esponente dei Casalesi venne assolto. La Corte d’Assise d’appello, però, nel 2022, ribaltò il verdetto predisponendo una condanna a 30 anni di reclusione. Contro la decisione dei giudici di secondo grado, la difesa del mafioso, ora rappresentata dall’avvocato Domenico Della Gatta, aveva presentato ricorso in Cassazione. E a metà giugno la prima sezione della Suprema corte lo ha respinto confermando ola responsabilità nell’assassinio di Martinelli (le motivazioni sono state rese note la scorsa settimana) ma ha annullato il verdetto in relazione alla condanna per la detenzione di armi (restano, però, i 30 anni di carcere).
Lubrano venne freddato dopo poco che aveva lasciato il suo studio a Pignataro Maggiore in via Vittorio Veneto. Si stava muovendo a bordo della propria autovettura, una Toyota Land Cruiser, dirigendosi verso la periferia quando venne prima superato e poi bloccato da una Alfa Romeo 164 all’altezza del bar Giordano. Il conducente dell’Alfa gli sbarrò la strada, mentre il complice, che occupava il lato passeggero, iniziò a esplodere una serie di colpi di arma da fuoco in direzione della Toyota. Raffaele Lubrano, nel tentativo di sottrarsi all’agguato, riuscì a invertire la marcia tentando la fuga verso il centro abitato, ma l’Alfa 164 lo inseguì mentre gli occupanti continuarono a esplodere numerosi colpi di arma da fuoco lungo l’intero tragitto sino a via Latina (posta a circa 500 metri rispetto al bar) dove i sicari raggiunsero e uccisero la vittima. Gli autori del delitto si dileguarono in direzione di Pastorano, abbandonando l’Alfa Romeo 164 (poi risultata essere stata rubata il 12 novembre 2002 ad Aversa) in località Arianova, ove venne successivamente rinvenuta bruciata con all’interno una pistola semiautomatica parzialmente distrutta, marca Tanfoglio cal. 9×21 con matricola punzonata e caricatore inserito.

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